
Alla sinistra non piace vincere facile: forse si potrebbe semplicisticamente riassumere così ciò che sta accadendo in seno al Partito Democratico di Albano Laziale dopo le dimissioni degli assessori Pino Rossi e Fauzi Cassabgi, in polemica con l’attuale Sindaco Nicola Marini, espressione del loro stesso partito. Si perchè nelle prossime elezioni di primavera l’attuale maggioranza si poteva apprestare a percorrere una cavalcata piuttosto agevole verso la riconferma del risultato che nel 2010 aveva visto strappare al primo turno Palazzo Savelli al centrodestra, ma evidentemente, per alcuni dirigenti politici democratici vedere il centrodestra di Albano ridotto all’impotenza politica ha destato moti di solidarietà, per cui ci si industria per terremotare un po’ anche Marini, così la gara si farebbe più interessante. Non vorremmo risultare troppo ironici o scarsamente comprensivi per i dimissionari, ma questo potrebbe essere il pensiero della gente che non segue quotidianamente le evoluzioni, a volte le contorsioni, della politica del palazzo.
Chi come noi prova a guardare, e far vedere, le cose oltre i fatti, cercando di spiegarne la natura ed il senso, ha il compito di provare a fornire una chiave di lettura, possibilmente comprensibile per i cittadini, di ciò che accade all’interno del mondo politico; Così proviamo a fare anche questa volta.
Che la maggioranza consiliare di Marini sia debolissima non è una novità: infatti se per quattro anni consecutivi ogni Febbraio i cittadini di Albano hanno dovuto assistere al balletto della sfiducia, del ribaltone e del totosindaco, è il segno che la coalizione di centrosinistra che nel 2010 vinse le elezioni è sempre stata divisa, non tanto per meriti delle opposizioni, che tentando di far cadere il Sindaco non hanno fatto altro che il loro mestiere, ma per una propria incapacità di sintesi interna, soprattutto in seno al Pd, che è e resta il partito di maggioranza relativa e l’architrave del governo cittadino. Chi si chiede come sia stato possibile il miracolo per Marini di governare per cinque anni può rintracciare la risposta nella sostanziale nullità delle opposizioni di centrodestra, se possibile ancor più divise e rissose al loro interno del centrosinistra, e nell’indubbia capacità del Sindaco Marini di tenere la barra dritta, mostrandosi come l’unico punto di equilibrio politico capace di garantire governabilità alla città di Albano.
Chi oggi si è dimesso dalla giunta ha solo reso plasticamente evidente una spaccatura che covava da anni e mai nessuno nel Pd aveva avuto il coraggio di portare alle estreme conseguenze politiche.
LE FORZE IN CAMPO: In quella che definiremmo come la mappa interna al Pd albanense vi sono due schieramenti riconosciuti, più o meno gli stessi che non più tardi di un anno fa si sono confrontati nel congresso cittadino. Da un lato i mariniani: i consiglieri comunali Colini, Sepio, Santoro ed il Presidente del Consiglio Borelli, dall’altro l’area di Albano 2030, composta dai consiglieri Guglielmo, Di Tuccio e Peduzzi, per citare solo gli eletti. Dal congresso uscì nettamente vincitrice la linea del Sindaco Marini, incarnata da Alessio Colini, segretario cittadino eletto dopo quel congresso.
LE RAGIONI DELLA MINORANZA: Anche dopo la sconfitta, la minoranza interna, riconducibile alle posizioni nazionali di Pippo Civati, rappresentate ad Albano da “Albano 2030”, ha chiesto ripetutamente la celebrazione delle primarie per la scelta del candidato Sindaco, individuando nel metodo della segreteria Colini un freno alla partecipazione; e nell’azione di governo del Sindaco Marini, una sostanziale sordità al confronto, definendo il governo di Albano come “monocratico”. Nel Pd di Albano sono riscontrabili le stesse insofferenze di quello nazionale, con un’ala sinistra che imputa a Matteo Renzi, in questo caso Nicola Marini, una leaderschip che restringe la democrazia interna e la partecipazione alle scelte dei cittadini, di fatto snaturando l’anima del partito. Alla reiterata richiesta di primarie il segretario Colini ha sempre risposto picche, già dallo scorso luglio quando a PIAZZA Carducci Albano 2030 raccolse i suoi militanti in una manifestazione pubblica.
I POSSIBILI SCENARI: “A questo punto la situazione è difficilmente ricomponibile” sostengono ambienti di Albano 2030, ciò significherebbe che, restando il diniego a celebrare le primarie da parte della segreteria Pd, per la minoranza non resterebbe altro che la scissione, con la conseguente presentazione a Sindaco di un candidato ed una coalizione alternativa a Marini: altrimenti risulterebbe davvero incomprensibile un gesto eclatante quale quello delle dimissioni degli assessori a due mesi dalle elezioni, dopo aver condiviso cinque anni di governo. A tal proposito, se la posizione di Pino Rossi contiene una sua continuità, essendo storicamente esponente della sinistra, Pci, Pds, Ds e sinistra Pd, aveva già manifestato con l’adesione ad Albano 2030 una sua specificità in seno al Pd, sui generis ad oggi appare la scelta di Fauzi Cassabgi: assessore pesante e politicamente tra i più vicini a Marini per tutta la durata della legislatura, ex esponente della Margherita, fino ad oggi compagno di corrente del Sindaco di Albano, accanto al Senatore Bruno Astorre ed al Presidente del Consiglio Regionale Daniele Leodori, non aveva mai espresso pubblicamente alcuna differenziazione ne criticità rispetto alla condotta dell’amministrazione e del partito di cui fa parte, anzi, ne è stato un cardine. E’ infatti attorno alla figura di Cassabgi che si giocano i destini della fronda antimariniana e civatiana: o con le dimissioni si ottengono le primarie, oppure non resta che uscire dal partito e dalla maggioranza. A quel punto Cassabgi potrebbe essere il candidato Sindaco di una coalizione che, tramontata la candidatura di Giorgio Battistelli, occuperebbe il campo sinistro dello schieramento, producendo lo stesso schema che lo scorso anno il centrosinistra ha sperimentato a Frascati, con un Pd appoggiato da liste civiche in contrapposizione ad una coalizione civica di sinistra facente capo ad ex esponenti della giunta di centrosinistra che aveva governato la città nei precedenti cinque anni. A Frascati non è un caso che è stato proprio il Pd a forte impronta astorriana ad imporsi al ballottaggio sugli ex compagni di amministrazione, con la specifica di contenere in coalizione settori non di centrosinistra, afferenti sia al Nuovo Centrodestra di Alfano che ad un area moderata non rappresentata dagli attuali partiti di centrodestra. Il derby potrebbe essere la tentazione dei civatiani di Albano? Forse si, però se la figura di Giorgio Battistelli, oggettivamente estranea al governo Marini, poteva rappresentare un catalizzatore di consensi a sinistra, una coalizione guidata da Cassabgi che di Marini è stato uno stretto collaboratore politico e con Marini è stato importante assessore per cinque anni, avrebbe certamente assai più difficoltà nel presentarsi all’opinione pubblica in rottura rispetto all’attuale esperienza di governo. Chi vivrà vedrà: seguirà dibattito.