Conferenza stampa di Phoenix

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PHOENIXQuest’anno il cinema tedesco conquista Roma. Dopo il ribelle Wir sind jung. Wir sind stark di Buran Qurbani e l’intrigante The lies of the victors di Christoph Hochhäusler, Christian Petzold, Orso d’argento per il miglior regista al Festival di Berlino 2012 con La scelta di Barbara, ci trasporta nel secondo Dopoguerra per raccontarci una storia profonda e romantica. Giugno 1945. Sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, Nelly torna a Berlino, dove è nata, gravemente ferita e col volto sfigurato. Ad accompagnarla c’è Lene, impiegata dell’Agenzia ebraica e amica di Nelly da prima della guerra. Dopo essersi sottoposta a un intervento di chirurgia al volto, la donna cerca il marito Johnny, l’uomo che ha cercato fino alla fine di proteggerla dalla persecuzione nazista. I familiari di Nelly sono tutti morti nell’olocausto. Johnny è convinto che anche sua moglie sia morta. Quando finalmente Nelly lo rintraccia, Johnny intravede solo una vaga somiglianza: per mettere al sicuro l’eredità della famiglia di lei, però, le propone di assumere l’identità della moglie morta. Nelly accetta e diventa l’ingannatrice di se stessa. Vuole sapere se Johnny l’amava veramente, e se l’ha tradita. Vuole riprendersi la sua vita. Nel ruolo di Nelly, l’attrice tedesca Nina Hoss, tornata a collaborare con Petzold dopo il premio “Capri, Hollywood” per la miglior attrice europea in La scelta di Barbara. Il nuovo film di Petzold è una sintesi tra un noir e un  thriller sentimentale e politico, e affronta il tema del genocidio ebraico da un punto di vista inedito.

In conferenza stampa era presente il regista, laureato all’Accademia del Cinema e della Televisione di Berlino, che ha tenuto una vera e propria lezione di cinema. I giornalisti gli hanno rivolto le loro domande:

Che tipo di ricerche ha condotto e su quali documenti si è basato?

Non ci sono tanti documenti su persone tornate dai campi di concentramento. Quella di Primo Levi è stata una storia importante, ma a livello cinematografico non ci sono storie di ritorni.

Come ricorda Harun Faroki (regista e sceneggiatore tedesco scomparso lo scorso luglio, storico collaboratore di Petzold)?

Harun era per me un grande maestro, tutti i film che abbiamo girato li abbiamo scritti insieme. Era importantissimo per la sceneggiatura: lui scriveva, io mettevo ordine.

Il film affronta “il rimosso” sulla cultura ebraica ed è come se contenesse un altro film. Il personaggio maschile organizza la presenza di quello femminile, e lei gioca con lo sguardo di lui. Come si è sviluppato questo snodo formale?

In realtà questo gioco coreografico non era previsto. La contrapposizione uomo – donna è come un tango. Tra i protagonisti c’è al contempo attrazione e repulsione.

E’ presente un eco del film Vertigo di A. Hitchcock?

Sì, quando ero più giovane leggevo una rivista di cinema in cui si parlava di questo film che era già un mito. E’ il mio film preferito ma allo stesso tempo lo odio. E’un film geniale, fantastico.

Ha chiesto al cast tecnico e artistico di vedere alcuni film per creare una particolare atmosfera?

Certamente, è fondamentale creare un’identità, uno stesso linguaggio. Out of the past (in Italia uscito col titolo Le catene della colpa, film del 1947 diretto da Jacques Tourneur, considerato uno dei migliori esempi di noir per il chiaroscuro delle immagini), è stato un film che ho voluto che tutti vedessero, ho detto al cameraman di trarne ispirazione per le riprese. Partie de campagne di John Renoir (La scampagnata, film del 1936 del secondo figlio del pittore impressionista Pierre – Auguste), tratto dall’omonimo racconto di Guy de Maupassant. Der Verlorene (The lost one, film noir del 1951 di Peter Lorre).

Come è stato il lavoro sul colore?

I film sul periodo del Dopoguerra in genere sono in bianco e nero, o sono caratterizzati da colori opachi, per segnalare la distanza. Mi sono ispirato ai colori intensi dei film di Fassbinder (Rainer Werner Fassbinder, regista e sceneggiatore tedesco) che ha reso artificiali i colori.