La (lunga) corsa verso il Quirinale del nuovo Capo dello Stato

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Quirinale
Vista del Quirinale

Da Tora Bora

 

La connessione audio è gracchiante, il video è rovinato, popcorn, patatine ed in generale i generi di conforto ci sono., nulla osta per cominciare la nostra diretta sull’elezione del nuovo inquilino del Quirinale. Come e più di ventuno anni fa, era 1992, l’elezione del Capo dello Stato (in quel caso Oscar Luigi Scalfano, eletto al sedicesimo scrutinio, due giorni dopo il terribile attentato di Capaci in cui rimase vittima Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e la scorta) si preannuncia una lotta che citando il Luis Enrique allenatore della Roma anno domini 2012 è all’insegna del “trabayo y sudor”.(Lavoro e sudore). Ah il lavoro, il tratto distintivo di colui che da ieri sera, o per meglio dire da ieri mattina, è pronto ad entrare a Montecitorio da cardinale, per uscirne da Presidente eletto. Franco Marini, per chi mastica un po’ di politica ed ha una certa età meglio noto come il “lupo marsicano”, entra in conclave da Papa, come fece poco più di un mese fa il Cardinale Scola cantando l’ora pro nobis prima di entrare e poi chiudersi con l’extra omnes nella Cappella Sistina assieme agli altri porporati elettori. Non andò bene, come rischia seriamente di non andare bene questa volta all’ex Leader della Cisl ed ex Presidente del Senato. Da ieri pomeriggio, passando per questa (lunga) notte e queste ultime ore, dopo l’accordo tra Bersani e Berlusconi è successo di tutto: Sel che voterà Rodotà come Grillo (magistrale l’altro ieri nel proporre dopo Gabbanelli e Strada un nome votabilissimo dal centrosinistra), giovani turchi, veltroniani, dalemiani, che denotano un certo malcontento.

 

Mancano ormai pochi minuti all’inizio della prima votazione in teoria, con il continuo sfilarsi di grandi elettori e l’ingrossarsi della schiera dei franchi tiratori, calano sempre più le possibilità di elezioni di Marini (che rischia di avere l’unica possibilità del primo scrutinio per passare). L’esplosione del Pd, dentro ai gruppi parlamentari e fuori dei militanti con la contestazione durante l’assemblea di ieri fuori dal Cinema Capranica di Roma, rischia di essere irreversibile, l’implosione della coalizione con Vendola che “porta” Rodotà c’è già nei fatti. Regge il centrodestra che rischiava di essere spaccato dal voto su Amato (irricevibile per la Lega), mentre della terzina proposta a Berlusconi rimane fuori D’Alema, in barba agli accordi sussurrati negli ultimi giorni. Meta ed io potremmo fare un facile pronostico con Prodi dal quarto scrutinio (quando dopo i primi tre calerà il quorum dai 2/3 alla maggioranza relativa dei Grandi Elettori), invece la nostra è una terzina di nomi in rigoroso ordine di preferenza, non di fattibilità. In un Paese normale sarebbe due le caratteristiche da preservare: dare spazio dopo undici presidenti uomini ad un candidato donna e/o eleggere un esponente del centro destra, che mai ha occupato il Colle più alto.

 

Neanche noi siamo riusciti a trovare un figura che incarna queste due caratteristiche: il nostro primo endorment per esclusione va ad Emma Bonino. L’ex commissario europeo dal 1995 al 1999 designato da Berlusconi e rimasto in carica durante i governi di centrosinistra che si sono succeduti dopo il ribaltone di cui fu vittima il Cavaliere. Figura eletta sia nel Popolo della Libertà, sia nelle liste del Partito Democratico nella sua carriera di Parlamentare oltre che in altre formazioni legate al Partito Radicale e stimata trasversalmente, paga però una certa idrosincrasia del mondo cattolico trasversale negli schieramenti.

 

La nostra seconda indicazione è per Gianni Letta, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi, ma stimato in maniera trasversale da ogni parte politica. Sarebbe il primo presidente di centrodestra, come la Bonino sarebbe la prima donna al Quirinale, e sanerebbe una ferita storica, che però per amor di verità venne aperta da Cavaliere nel 1994 quando preferì Carlo Scognamiglio a Giovanni Spadolini allo scranno più alto di Palazzo Madama.

 

Il nostro terzo endorsment è per Massimo D’Alema, colui che potrebbe raccogliere probabilmente il consenso più ampio a Montecitorio. L’ex Presidente del Consiglio sarebbe votato da gran parte del Pd e del Pdl e potrebbe “passare” nelle prime tre votazioni. Dopo, da domani pomeriggio, non ve certezza.

 

Ormai è tardi però, tra qualche minuto per non dire secondi, si comincia.

 

Vamos, saluti da Tora Bora, saluti da Eretico.