Il 3 Ottobre a Frosinone ci sarà la Pittarosso Pink Parade, una camminata non competitiva di 5km, promossa dalla Fondazione Umberto Veronesi e da Pittarosso SPA, al fine di raccogliere fondi a favore della ricerca sui tumori femminili. Ad aver promosso l’evento nel capoluogo ciociaro sono due giovani donne: Serena Ciotoli e Serena Bernardi, entrambe impegnate nella lotta personale contro un male che ogni anno colpisce solo in Italia oltre 52 mila donne. Ci siamo fatti raccontare direttamente la loro storia.
Serena Ciotoli, 24 anni, di Ceccano:
“Il 25 aprile del 2017 è cambiata la mia vita, quella sentenza mi è arrivata come una doccia fredda. Io così piccola, ero finita in quella percentuale di donne colpite: perché? Una domanda che non ha risposta, ed anzi se ne tira dietro un’altra: ce la farò? Gli amici e la mia Famiglia mi hanno aiutata a sopravvivere. Oltre alla malattia, ti senti danneggiata in tutto, a partire dalla tua femminilità: caduta dei capelli, delle sopracciglia ecc. Devi fare leva solo su te stessa, e sulla compassione dei tuoi familiari, aggrappandoti ai medici. Il reparto oncologia di Tor Vergata è stata ed è ancora oggi la mia seconda casa, lì ho conosciuto Serena – Bernardi ndr – ragazza anche lei giovanissima che proprio come me sta combattendo lo stesso mostro. Ci siamo trovate subito ed insieme ci diamo forza per andare avanti. Proprio per questo abbiamo insieme deciso di partecipare anche noi alla Pittarosso Pink Parade. Impossibilitate ad andare a Milano, città principale dell’evento, abbiamo deciso di portarlo anche a Frosinone, aggregando un folto numero di partecipanti. Penso che una manifestazione come questa possa rappresentare allo stesso tempo un momento di svago e di unione per noi donne che quotidianamente combattiamo questo mostro, ed uno spunto di sensibilizzazione verso tutti sull’importanza della ricerca. Questa malattia ti fa Crescere, ti cambia, ma soprattutto capisci la vera amicizia. Ci tengo a fare un appello alle ragazze più giovani: la prevenzione Serve, non importa l’Età, piccoli o grandi che siate, fate i controlli, non ascoltate chi dice che siete troppo piccoli. Un ecografia può salvarti”.
Serena Bernardi, 31 anni, di Genzano di Roma.
“Io ho scoperto di avere due noduli al seno autopalpandomi sotto la doccia, all’inizio dell’estate appena conclusa. E’ stato davvero un caso, ma ho sentito al reparto Day Hospital di oncologia che tante donne lo hanno scoperto così. Il fatto di avere un seno piccolo mi ha permesso di sentire subito l’anomalia.
Subito ho pensato fosse una ghiandola Ingrossata, per questo ho aspettato almeno una settimana prima di contattare il medico di base. Appurato che diversi giorni dopo i noduli erano ancora li, il medico mi ha subito prescritto ecografia e mammografia. In genere la mammografia si fa dai 40anni in su, ma visto la familiarità con il tumore al seno, che ha avuto già mia madre, ha preferito essere più scrupoloso.
Fatti questi esami e capito che c’era qualcosa che non andava, l’ecografista mi ha caldamente Consigliato di farmi l’ago aspirato con biopsia, che purtroppo ha confermato i sospetti peggiori.
L’attesa della biopsia è stata estenuante, ma una volta saputa la diagnosi, è stato quasi Liberatorio, perché Non mi sentivo più di stare sul filo del rasoio. Poi ho incontrato Il Prof. Buonomo, chirurgo del Policlinico di Tor Vergata, che con il suo sguardo gentile e rassicurante mi ha subito tranquillizzata. È difficile trovare dei medici che dopo tanti anni di lavoro rimangono così umani ed empatici con i pazienti, ed io ho avuto la fortuna di incontrarlo.
Appena avuta la “sentenza”, un po per incoscienza, un po per darmi la giusta carica, non mi sono per niente abbattuta, anzi sono andata dritta al punto e ho Fatto tutte le domande che mi venivano in mente, senza avere paura di sapere.
Spesso succede che alcune persone decidono di sottoporsi alle cure, ma non vogliono sapere i diversi procedimenti, effetti collaterali e durata della terapia. Dopo infiniti esami ed accertamenti, ho iniziato la chemio bianca che faccio ogni lunedì per 12 settimane.
Più entri nel vivo, più ti rendi conto di cosa ti sta succedendo. Ed è vero che la forza che hai all’inizio, un po inizia a sfumare, perché vedi e senti gli effetti collaterali.
Non si molla, perché sai che questa è l’unica alternativa, anzi, che c’è una soluzione. Solo per questo mi sento fortunata e non voglio lamentarmi. Finchè c’è soluzione c’è speranza, e purtroppo tante persone non sono state fortunate come me.
E’ vero, ci sono certi giorni in cui vedi tutto nero: con la testa mi dico che vorrei fare tante cose, invece il mio corpo non ce la fa, è stanco e non riesce a stare dietro alla velocità dei miei pensieri.
Anche l’argomento femminilità è un po doloroso, perché la perdita dei capelli e la menopausa indotta a 31 anni sono cose difficili da digerire. Poi incontri tante donne come te al reparto di oncologia e ci si fa forza a vicenda. Se una sta per cedere l’altra fa da paracadute e viceversa. Quando si dice la forza delle donne… Adesso penso a questo,
a fare squadra, perché solo noi possiamo capire fino in fondo cosa significa tutto questo percorso.
E’ così che ho conosciuto Serena – Serena Ciotoli ndr – durante le chemio, ci siamo messe subito a parlare come se ci conoscessimo da tempo. E come in genere succede nei momenti di difficoltà ci siamo subito spalleggiate a vicenda.
L’iniziativa del 3 Ottobre è partita da lei, che poi mi ha coinvolto ed alla fine da una piccola idea, mettendo insieme le forze, sta diventando un evento più grande di quanto ci aspettavamo.
Finanziare la ricerca per me è importantissimo, perché penso sia il motore di tutto. Senza questa, non c’è progresso e se non c’è questo allora significa che il mondo è solo per chi ha avuto la fortuna di essere nata e cresciuta sana.
Se non ci fosse stata la ricerca, io ad oggi non avrei potuto condurre una vita quasi normale, perché le chemio di una volta erano molto più invasive di quelle di adesso.
Oggi per quanto ci siano ancora effetti collaterali, è tutto molto più equilibrato in base alla persona. A livello chirurgico ci sono tecniche meno invasive e ci sono degli studi genetici che ti permettono addirittura, di stabilire se hai una predisposizione, e se ce l’hai ci sono dei protocolli di prevenzione da attuare. Grazie alla ricerca tutto questo oggi è realtà, mentre 20 anni fa sarebbe stato fantascienza. Chissà se tra tanti altri anni non riescano a trovare il motivo scatenante di queste cellule impazzite e quindi una soluzione definitiva. Io lo spero tanto.
Anche dal punto di vista psicologico è stata data una grande rilevanza all’aspetto psicofisico, che un tempo era quasi del tutto ignorato.
La mente fa tantissimo in questo percorso,, perché ci vuole molta pazienza, tenacia e forza d’animo. Io stessa sto vedendo che nei giorni in cui mi sento giù di morale, avverto molto di più i sintomi fisici.
Purtroppo il percorso è lungo, quindi non si può essere tutti i giorni di buon umore, per questo una rete sociale è molto importante.
Sia fatta da amici e parenti, sia fatta da associazioni, che purtroppo non sempre sono gestite con amore. io mi sono rivolta ad un’importante associazione dei Castelli Romani ad esempio, che dopo aver ricevuto la quota associativa sono completamente spariti. Perciò mi sento di dire che l’ambito in cui c’è più da lavorare, è proprio quello del supporto psicologico. Non solo verso noi malati oncologici, ma anche nei confronti degli operatori che lavorano con questa tipologia di pazienti. Spesso sono sotto organico, oberati di lavoro e quindi sicuramente più nervosi e meno attenti alle piccole cose che fanno la differenza.
Dando più supporto psicologico e anche organizzativo, migliorerebbe di tanto sia la vita del paziente oncologico che dell’operatore sanitario.
Altro punto dolente è la poca attenzione su una corretta alimentazione, secondo me fondamentale durante il trattamento, oltre che nella prevenzione dell’insorgenza di tumori.
C’è ancora molta confusione e pareri opposti su questo. Io personalmente facendo una dieta e prendendo degli integratori prescritti da un oncologa nutrizionista, penso di essermi evitata molti effetti spiacevoli della chemio.
Che dire alle ragazze giovani? Di non pensare che succede sempre agli altri, sembra una frase fatta ma non è così. Nessuno può sapere cosa succederà domani. Tra un mese o tra anni, ma fare un controllo di prevenzione non costa nulla, se non una mattinata di tempo per andare a fare levisite.
C’è la possibilità di fare pap-test, mammografie ed ecografie gratuite. Bisogna solo informarsi, ma anche fare più informazione sulla prevenzione. Secondo me c’è ancora troppa poca sensibilizzazione su questo.
Eventi come la Pittarosso Pink Parade secondo me sono importanti anche per diffondere questo verbo. Prevenire è meglio che curare.