All’evento Lanuvio LibrIntorno, la giovanissima Emanuela Simonella tiene una presentazione del suo primo romanzo: Il Tedesco.
Nell’Italia del secondo dopoguerra, Alvise Scalzo nasce già segnato da una duplice colpa: quella, condivisa da molti, di trovarsi povero in un Paese intero ridotto alla miseria, e quella, individuale e terribile, di essere un italotedesco. Poche parole che non bastano per riassumere la ricchezza delle vicende e dei temi racchiusi nel racconto di Emanuela Simonella. La folla si è raccolta nella piazza del piccolo paese di Lanuvio per partecipare alla seconda edizione dell’evento di rassegna culturale LanuvioLibrIntorno: un weekend di incontri con autori letterari a cura dell’Associazione Castelli Cult. Gli invitati a presentare i propri lavori sono scrittori affermati, ma anche autori esordienti della NextGen, la nuova generazione. Tra questi Emanuela Simonella, classe 1998, che esordisce con una storia impegnativa di pregiudizio ed emarginazione, ambientata al tramonto della seconda guerra mondiale.
La ragazza, dalla scrittura diretta ed immediata, segna con questo romanzo un esordio notevole e promettente. Con il suo talento e la sua capacità evocativa, spogliandosi di enfasi retorica e superflui abbellimenti stilistici, Emanuela rievoca la miseria e la disperazione del Paese straziato dalla guerra. Dietro di sè la guerra lascia fame, razzie, vite calpestate, ma sopra a tutto un forte senso di ingiustizia. Il risentimento e il bisogno di rivalsa sui nemici nascono come frutti abominevoli sul terreno sferzato dai combattimenti: sentimenti la cui ferocia e crudeltà Alvise Scalzo, detto “Il Tedesco” per la sua origine mista, dovrà scontare sulla propria pelle. Raccogliendo le testimonianze sulla miseria di quell’epoca dai propri nonni (e genitori), e filtrandoli attraverso il proprio talento, Emanuela Simonella ci restituisce un racconto onesto e brutale sull’eredità della guerra, un lascito fatto non solo di indigenza, ma anche di rancore, di reciproca diffidenza nell’urgenza di sopravvivere e di rimettersi in piedi, ma soprattutto di cieco accanimento contro chi viene percepito come nemico. E il nemico può essere anche un bambino, se questi nasce da un’unione sbagliata. Senza prendere le parti di nessuno, senza giustificare nè condannare il livore di un Paese spezzato e ferito dalle vicende della Storia, il racconto di Emanuela Simonella ci attrae per molte ragioni: per la sua scrittura magnetica, per le vicende piene di sofferenza e coraggio del Tedesco, per il valore documentativo di questo lavoro a cavallo tra una testimonianza storica e un prodotto di fantasia, e non per ultimo per la riflessione che ci suscita sulla guerra e sui conflitti in genere, di cui spesso ci si arrovella sulle origini e si rimpiangono gli orrori, ma raramente ci si sofferma sulle ferite psicologiche e morali che apre nel popolo.
L’eredità di un Paese distrutto, fatta di emarginazione, di esclusione e pregiudizio, si raccoglie ed accanisce sulla vicenda di Alvise Scalzo, la cui vicenda – frutto di fantasia, ma ambientata in un contesto di fame e disperazione relamente esistito – viene brevemente riassunta ma molto applaudita dall’Assessore alla Cultura e agli Eventi del Comune di Lanuvio Alessandro De Santis, che così presenta il romanzo: “Un esordio notevole, che lascia ben sperare per il futuro”. In quel sabato pomeriggio mite e soleggiato, la folla riunitasi nella piazza del paese per ascoltare la giovane scrittrice – “nostra compaesana”, sottolinea con orgoglio l’Assessore – raccontarsi e raccontare il romanzo, rimane immediatamente catturata e vinta dalla trama, dalla scrittura scarna eppure poetica di Emanuela, le cui parole vengono lette ad alta voce al microfono. Emanuela racconta come non sia stato facile, così giovane e non disposta a piegarsi ai ricatti del mondo dell’editoria, trovare un’occasione per la pubblicazione del proprio romanzo: tre anni sono dovuti passare prima di trovare una casa editrice pronta ad investire sul suo racconto – ma adesso che questi si è finalmente mutato in un libro nessun ostacolo la frena più dall’ottenere il successo e il riconoscimento che la sua bravura precocissima merita, come le fa notare a più riprese l’intervistatore, mentre Emanuela un poco si imbarazza.
Emanuela Simonella, a soli diciannove anni scrive il suo primo romanzo, una storia di identità e di resistenza nell’Italia del dopoguerra. Giovanissima e un poco timida, si schernisce davanti alle recensioni piene di lodi del suo lavoro “Il Tedesco”, sia quelle che vengono dall’Assessore di Lanuvio, suo intervistatore all’evento Lanuvio LibrIntorno, sia quelle che riceve sui social dai lettori del suo romanzo. Intanto, le copie del libro esposte durante il weekend di incontri letterari di Lanuvio vengono presto trafugate, e subito si incalza la ragazza per avere qualche notizia su un nuovo lavoro: Emanuela non si sbilancia in alcuna anticipazione, ma lascia intendere di avere già qualche nuova trama in mente. I suoi compaesani le regalano un caldo applauso pieno di stima nel momento di commiato: una piccola ovazione piena di sincera simpatia e orgoglio – perché, si sa, fa sempre piacere poter dire di aver assistito alla nascita di un grande talento.