Transiti 2: un Festival delle connessioni ai Castelli Romani

8-9-10 novembre a Marino, Ciampino e Grottaferrata

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Transiti Fest giunge quest’anno alla sua seconda edizione, che si terrà dal dall’8 al 10 novembre a Marino, Ciampino (nelle rispettive sale consiliari) e Grottaferrata (in biblioteca).

Dopo un primo coraggioso e lodato esperimento nel dicembre 2022, dal titolo “Transiti. Festival Internazionale della filosofia e dell’arte dedicato a Mario Perniola”, nato nella cornice dei Castelli Romani dove il “filosofo del sorriso” amava passare le sue estati, nella seconda edizione Transiti sarà il festival delle connessioni. Un festival in cui linguaggi tecnologici, ambientali, idee, contenuti innovativi e linguaggi della salute intrecciandosi si mescolano.

Il festival si fonda su quattro principi: l’interdisciplinarità, l’internazionalizzazione, l’estetica – intesa come superamento delle distinzioni tra uomo ambiente e tecnologia – e l’amicizia.

Curato da un ampio comitato scientifico internazionale, è organizzato dal Sistema Castelli Romani e rivolto a tutti i cittadini, realizzando una delle funzioni sociali delle biblioteche: parlare al grande pubblico, interagendoci, dei grandi temi della contemporaneità. Perché queste tre giornate saranno tutt’altro che accademiche: saranno pop, saranno di tutti, saranno per tutti.

Secondo il direttore scientifico e ideatore del festival Massimo Di Felice, l’obiettivo di Transiti è quello di fornire delle chiavi di lettura sulla contemporaneità che ci consentano di orientarci di fronte ai cambiamenti epocali che stiamo vivendo: «L’Intelligenza artificiale e le innovazioni tecnologiche, i cambiamenti climatici, la recente pandemia, ci hanno posto rapidamente dinanzi ad un altro tipo di realtà. Il clima, le foreste, i virus, i big data, i linguaggi automatizzati, gli assistenti digitali, ci mostrano un mondo animato nel quale i non umani hanno preso la parola divenendo agenti sociali e protagonisti dei cambiamenti in atto. Le storiche distinzioni tra uomo e tecnica, tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura, create dal pensiero occidentale sono oggi il principale ostacolo alla comprensione della nostra epoca».

«Inizieremo nella Sala Consiliare del Comune di Marino» afferma il Presidente del Consorzio SCR Giuseppe De Righi, «una tre giorni che ci porterà davvero lontano. Ci confronteremo, nella tre giorni che coinvolge quest’anno i comuni di Marino, Ciampino e Grottaferrata, con filosofi, scienziati, professori, giornalisti, chef, ma soprattutto con i cittadini: cercheremo insieme le chiavi interpretative del futuro che ci attende; forse non come lo immaginiamo nelle nostre conversazioni, ma sicuramente come si evidenzia sulla base dei segni del tempo».

Transiti Fest | Festival delle connessioni dall’8 al 10 novembre a Marino, Ciampino, Grottaferrata
5 Novembre 2024 – I numerosi ospiti internazionali affronteranno, con interventi di livello ma di taglio divulgativo, i temi e le sfide della contemporaneità in un Festival culturale calato nell’oggi, ad accesso libero e gratuito.
Ci siamo. La settimana di “Transiti” è arrivata, e attende solo voi, pubblico curioso e attento ai mutamenti in atto, cittadini pieni di domande ancora senza risposta, sul futuro in ogni suo ambito: ambiente, alimentazione, biblioteche, digitale, comunicazione.
Insieme a un ampio comitato scientifico internazionale, con docenti provenienti da alcune delle Università più importanti al mondo, ci si interrogherà sulle grandi trasformazioni in atto, intrecciando linguaggi tecnologici, ambientali, idee, contenuti innovativi, linguaggi del gusto e della salute, e cercando di ripensare l’idea occidentale di ambiente e la relazione con la natura e le nuove tecnologie.
«Transiti non è il solito festival della filosofia – spiega Massimo Di Felice, direttore scientifico della manifestazione, docente di Teoria dell’opinione pubblica nei contesti digitali all’Università di San Paolo in Brasile – ma il “festival delle connessioni”, ed è basato su alcuni principi fondamentali. Il primo è la interdisciplinarità: i cambiamenti climatici, l’intelligenza artificiale, le sfide della nostra epoca ci impongono la superazione e la distinzione tra scienze esatte e scienze umane. Il secondo principio è l’internazionalizzazione. Il terzo principio è l’arte, la pluralità delle forme espressive; e il quarto è l’amicizia».
La tre giorni, giunta alla sua seconda edizione, è organizzata dal Consorzio Sistema Castelli Romani, e parlerà – la domenica mattina – anche di biblioteche, e del loro senso nella società del nostro tempo. Anzi, pone in atto proprio una delle funzioni sociali delle biblioteche: parlare al grande pubblico, interagendovi, dei temi caldi della contemporaneità. Per questo utilizzerà un linguaggio tutt’altro che accademico, il più possibile “pop”, davvero per tutti.
Dopo gli incontri, i debate, le presentazioni di libri, il festival si concluderà, a Grottaferrata, con un pomeriggio – “Perniola Studies” –  dedicato alle ricerche che l’opera di Perniola ha ispirato nel mondo, e terminerà con la proiezione di un film cult del giallo all’italiana, “L’etrusco uccide ancora”, che concettualizza il tema delle “connessioni” sia narrativamente che formalmente, attraverso un immaginario archeologico inteso come punto di contatto tra vivi e morti, presente e passato, mondo in superficie e mondo abissale, scienza e leggenda.
Tre giornate – l’8 novembre a Marino dalle 16:30, il 9 a Ciampino e il 10 a Grottaferrata, mattina e pomeriggio – nelle quali, probabilmente, non troveremo risposta a tutte le nostre domande, ma certamente avremo raccolto più elementi per interpretare il nostro tempo e affrontarne le molteplici sfide.
Il programma completo è consultabile qui:

TRANSITI – Festival delle Connessioni: PRIMA GIORNATA

9 Novembre 2024 – Il Festival prosegue il 9 Novembre a Ciampino e il 10 Novembre a Grottaferrata

Il Festival delle connessioni Transiti ha preso avvio oggi pomeriggio a Marino, in Sala Consiliare, con la cerimonia di apertura e le prime due conferenze.

“Transiti non è il solito festival di filosofia ma un laboratorio interdisciplinare, internazionale e multiespressivo” – queste le parole del direttore scientifico della manifestazione, il professor Massimo Di Felice, che ha presentato e ringraziato a nome del Comitato scientifico del Festivali i docenti e ricercatori che parteciperanno alla tre giorni.

I saluti istituzionali sono stati affidati alle autorità locali e regionali: per la Regione Lazio il Direttore della Direzione regionale Cultura Luca Fegatelli; per la Città Metropolitana la consigliera Marta Elisa Bevilacqua; per il Comune di Marino il Sindaco Stefano Cecchi e l’assessora alla Cultura Pamela Muccini; per il Consorzio Sistema Castelli Romani – organizzatore della manifestazione – il Presidente Giuseppe De Righi, il Direttore Giacomo Tortorici e il Consigliere Massimiliano Tommasi. Presenti anche rappresentanti di tutti e tre gli atenei romani: per l’Università Tor Vergata il professor Giuseppe Patella, erede accademico di Mario Perniola, filosofo cui è dedicato il Festival; per La Sapienza la professoressa Giovanna Gianturco; per Roma Tre Ivelise Perniola, figlia di Mario.

“Compito fondamentale del nostro Consorzio – ha affermato Giuseppe De Righi parlando del Sistema Castelli Romani – è proprio fare Sistema, mettere la cultura a disposizione  di tutti i cittadini. Le biblioteche non sono solo un deposito di libri, ma costruiscono possibilità di cultura”.

La conferenza di apertura di questa seconda edizione del Festival è stata affidata a Cosimo Accoto, filosofo tech, research affiliate e fellow (MIT Boston), adjunct professor (UNIMORE), autore di un’originale e apprezzata trilogia filosofica sulla civiltà digitale, progettista e realizzatore di innovativi philtech lab per istituzioni, organizzazioni, associazioni, think tank e aziende. Accoto è stato intervistato da Silvia Surrenti, del comitato scientifico del festival Transiti, ricercatrice in Sociologia dell’ambiente e del territorio presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università degli Studi di Firenze dove è membro della sezione Health Services Research Center.

L’intervento di Accoto ha preso le mosse dal suo ultimo saggio, “Il Pianeta Latente. Provocazioni della tecnica, innovazioni della cultura” (2024), “esplorazione indisciplinata e transitante della filosofia”, che si interroga su come rispondere all’enorme attacco sferrato dall’Intelligenza Artificiale all’idea di “umano”. L’intelligenza artificiale è emersa non solo e non tanto come strumento, tecnologia o ingegneria con opportunità e rischi; piuttosto, come planetaria provocazione di senso, che interroga radicalmente l’umano sulle sue prerogative: il linguaggio, la visione, l’azione. L’intelligenza artificiale erode la prerogativa umana, ciò che da sempre definisce l’umano in opposizione agli altri esseri. Chi ha diritto di parola (solo l’umano)? È necessario ancora l’autore e perché? Come si produce oggi la scrittura? Dove si forma il senso del comunicare? Il senso è nelle cose o in chi le produce/ le interpreta? Qual è il legame tra linguaggio e mondo? Qual è il nuovo senso dell’immagine? Di fronte alle nuove forme cognitive ratificate che guardano il mondo, interpretano il mondo e costruiscono conoscenza, l’occhio umano è escluso dal processo cognitivo? qual è il nuovo senso dell’immagine?
Si vanno costituendo società ibride i cui agenti agiscono indipendentemente dall’intenzionalità e dall’azione umana… chi, come può agire nel mondo? Come cambiano i modi/ luoghi/ tempi del decidere? Quali saranno le nuove divisioni del lavoro? Dove finisce l’umano e dove inizia la macchina?

Imparando a fare ciò che solo l’umano sapeva fare, l’IA scardina molto del senso della prerogativa umana costruito nel pensiero occidentale. La sua capacità trasformativa del mondo e generativa di nuovi significati richiede soluzioni non di tipo giuridico e ingegneristico, ma presuppone nuovi approcci alla cultura.

La necessità che ne emerge, per rispondere alle ferite narcisistiche che l’intelligenza artificiale sta provocando nell’umano colpendo le sue categorie di senso, è quella di fare innovazione culturale, produrre nuove idee e significati. “Abbiamo bisogno di un umanesimo non consolatorio e narcotico, ma sferzante(…)”. Se ai problemi tecnici risponderemo con l’ingegneria, alle provocazioni intellettuali dovremo rispondere con la filosofia.

Nell’incontro successivo Catalina Curceanu, Primo Ricercatore dell’ INFN – Laboratori Nazionali di Frascati – ci ha trasportati letteralmente in un’altra dimensione, quella della fisica quantistica: un mondo straordinario, dove concetti come la sovrapposizione degli stati e l’entanglement quantistico svelano una realtà in cui le particelle possono esistere in più stati contemporaneamente, sfidando la cosiddetta logica comune. La Curceanu ha svolto il dottorato di ricerca nell’ambito dell’esperimento OBELIX (CERN) nel campo della spettroscopia dei mesoni esotici. Dirige un gruppo di circa 20 ricercatori nell’ambito della fisica adronica e nucleare. Introdotta da Arianna Foschi, ricercatrice all’Osservatorio di Parigi Meudon che studia il centro galattico e il buco nero supermassivo al suo interno tramite l’analisi del moto delle stelle che vi orbitano molto vicine, Catalina ha raccontato il futuro della scienza aprendo una magnifica finestra sui futuri computer quantistici, che potenziando le attuali tecnologie di realtà virtuale ed intelligenza artificiale potranno portare in medicina ad una vera e propria rivoluzione, consentendo cure personalizzate riducendo le terapie farmacologiche attuali e nuovi metodi per il trattamento dei tumori. Lo sguardo si è poi allargato alle potenzialità della quantistica nello studio del funzionamento del nostro cervello, la cura di malattie mentali come la demenza, l’Alzheimer e la schizofrenia, e al suo uso per lo studio dei sistemi biologici (es. orientamento negli uccelli, fotosintesi nelle piante), fino alla Big data analysis, per combattere il cyberterrorismo e studiare i cambiamenti climatici.

La Curceanu, eccellente e brillante divulgatrice, ha concluso il suo intervento con una citazione di Richard Feynman: “Che cos’è la scienza? Con questa parola di solito si intendono tre cose diverse, o un misto delle tre (…). «Scienza» a volte significa un metodo speciale di scoprire delle cose; a volte significa l’insieme delle conoscenze che si originano dalle cose scoperte, ma può anche significare tutte le cose nuove che si possono fare usando la conoscenza acquisita, o il fare effettivamente queste cose”.

Siamo pronti per altre due stimolanti giornate di Transiti. E voi?

La Città Metropolitana di Roma a Transiti: il Festival delle connessioni

È iniziato a Marino, presso la Sala Consiliare di Palazzo Colonna, la prima giornata della seconda edizione di “Transiti: il Festival delle connessioni”.

Un evento al quale ha partecipato la Consigkiera metropolitana Marta Elisa Bevilacqua e consigliera comunale di Genzano, è stato aperto con i saluti del Sindaco, Stefano Cecchi e al quale hanno partecipato numerosi ospiti.
Iniziato come Festival della filosofia e dedicato alla memoria di Mario Perniola, in questa seconda edizione ha acquisito una nuova accezione: quella di “Festival delle connessioni”, affrontando tanti argomenti che hanno al centro il futuro.

“Si apre la seconda edizione del Festival “Transiti”, nato nei luoghi tanto amati da Mario Perniola. Un Festival che ha avuto l’ambizione di portare la filosofia fuori dalla turris eburnea dell’Accademia – ha spiegato la Consigliera Marta Elisa Bevilacqua- che ha il coraggio di ricercare e di condividere quei nuovi linguaggi essenziali per comprendere il presente e disegnare un futuro. La filosofia deve riguadagnare il ruolo di disciplina ponte, di sapere e di metodo che mette a sistema le conoscenze, che non ricerca la mera erudizione, ma la chiave di lettura della realtà, una realtà in veloce cambiamento, che presenta esigenze nuove a cui va data una risposta. Nel portare i saluti del Sindaco Gualtieri e della Città metropolitana tutta ho voluto fare gli auguri di buon lavoro alla numerosa platea e ai prestigiosi oratori che stanno riportando la filosofia tra le persone e sui temi sui quali il XXI Secolo ha bisogno di interrogarsi.”

TRANSITIFestival delle Connessioni: TERZA E ULTIMA GIORNATA

11 Novembre 2024 – La giornata conclusiva di Transiti è stata pensata non tanto per chiudere un Festival, ma per aprire molteplici discorsi.

Si è svolta a Grottaferrata, città dalla storia millenaria, città dell’abbazia, città del libro, città delle biblioteche.

“Abbiamo giocato in casa, in una delle nostre biblioteche più belle” – ha osservato Giacomo Tortorici, Direttore del Sistema Castelli Romani, organizzatore del Festival – “e non potevamo scegliere una location più adatta visto il tema della mattinata: il futuro delle biblioteche e della conoscenza”.

Tortorici ha ricordato poi il vicesindaco di Grottaferrata Luciano Vergati, scomparso pochi anni fa, che per ottenere una biblioteca comunale, negli anni Settanta, occupò uno spazio dell’Abbazia: “I cittadini dei Castelli Romani sono abituati ad ottenere le cose combattendo, con lungimiranza, come fecero quarant’anni fa per ottenere la nascita del Parco dei Castelli Romani”.

L’introduzione della giornata è stata affidata al Sindaco di Grottaferrata, Mirko Di Bernardo, che di Mario Perniola, conosciuto personalmente, ha ricordato il suo vedere l’estetica e la scienza come due facce di una stessa medaglia, e il cogliere il “cuore pulsante della bellezza che si trova nella natura e anche dentro di noi”. Ha definito il Festival “una manifestazione che guarda al futuro ma cerca anche di imprimere tempi e ritmi del presente e che esprime un amore per il sapere, e il tentativo di creare una forma di pensiero critico, di fronte alle sfide contemporanee che coinvolgono il presente ma anche il futuro”. Riguardo alle biblioteche, le ha indicate come cuore pulsante del trasferimento di cultura e saperi, e anche come polmone giovanile, in connessione con altre strutture cittadine dedicate ai giovani, a cui la Città sta ponendo particolare attenzione.

Il dibattito della mattinata è stato animato dal Direttore del SCR Giacomo Tortorici, dal professor Giacomo De Luca (Università della Tuscia), da Simona Villa (europrogettista che lavora per le biblioteche), e dal prof. Mario Pireddu (Università della Tuscia), esperto di didattica e digitale, e coordinato da Enea Bianchi, allievo di Mario Perniola, ricercatore presso il centro di ricerca internazionale Átopos (Universidade de São Paulo, Brasile).

Muovendo dalla domanda “in che modo sta cambiando la conoscenza” Tortorici e la Villa hanno mostrato come si stia vedendo di integrare la tecnologia con la quotidianità nel contesto delle reti territoriali, rendendo più stretto il rapporto tra infrastrutture e conoscenza. Simona Villa in particolare ha mostrato i processi di innovazione sia nell’organizzazione che nei contenuti in atto nei servizi bibliotecari europei, e “un potenziale enorme per la riscoperta di un servizio di comunità, di cittadinanza attiva” quello delle biblioteche, luoghi che devono diventare sempre più erogatori di servizi ampi e per tutti, dal near-working al montaggio video al laboratorio di cucito, alla stampa 3d, alle salette cinema… in un periodo in cui – ha rimarcato Tortorici – ci si trova a metà tra il “survival” e il futuro, un futuro in cui cercare strade nuove, offrire nuovi servizi, senza appiattirsi sul solo “oggetto” libro e senza che le biblioteche restino un luogo “di democrazia ristretta”, ma attuando quel cambiamento che inizia da un modo diverso di concepire il ruolo sociale degli stessi bibliotecari.

Mario Pireddu, evidenziando come “viviamo in uno stato di cambiamento permanente”, ha invitato a guardare all’IA da un punto di vista culturale, ragionando su come sia cambiata l’infrastruttura della conoscenza in circa 2500 anni di storia, con il libro che come “medium” si è oramai relativizzato: ma quel che interessa è che non si è relativizzata la conoscenza, gestire la quale è “la principale missione delle biblioteche”. Se nell’Ottocento i “computers” erano persone che facevano calcoli per le istituzioni inglesi, divenendo poi solo in seguito macchine per calcolare in maniera più veloce e precisa, ora la tecnologia è arrivata a gestire non solo il calcolo, ma lo stesso linguaggio, e “l’attenzione è tutta sul fruitore, colui che ha relazione con la conoscenza”. La macchina attinge dai nostri immaginari e si porta dietro le nostre stereotipizzazioni: il problema è il controllo di questi dati, della loro veridicità: l’unico mezzo che si ha è quello di confrontare varie fonti. Nel processo didattico, stimolato dalla domanda di una docente, Pireddu ha consigliato, piuttosto che il debunking, il prebunking per far capire ai ragazzi i meccanismi di creazione delle fake news, e anche un possibile utilizzo intelligente dell’IA per il potenziamento della metacognizione, ossia la verifica delle “risposte” che la macchia fornisce.

Giacomo De Luca ha mostrato come la macchina non possa essere arbitro di ciò che è vero e di ciò che non lo è, poiché lì si entra nel campo dell’etica e della politica. Sottolineando come la conoscenza sia “sempre più segregata”, in cluster, comunità tematiche, ha evidenziato il processo in attodi cambiamento del linguaggio, per cui “le parole assumono un determinato significato all’interno di un contesto specifico”; e ha osservato come l’IA generativa sia in realtà sviluppata da una serie abbastanza limitata di big corporation che ne detengono una sorta di monopolio per l’altissimo costo di sviluppo dei modelli, motivo per cui il mondo dell’Università ne è tagliato fuori, senza che vi sia alcun controllo sulla ricerca in questo campo, e senza che alcuna azione che si occupi di IA generativa sia al momento in attivo. Per cui… forse “stiamo perdendo l’accesso al controllo della conoscenza”.

Si è parlato poi del Futuro dell’ecologia con Chiara Parlanti, dottoressa in Filosofia politica contemporanea (Università Roma Tre), Eliete Pereira (Università di S. Paulo USP Brasile), Silvia Surrenti (Università di Firenze UNIFI), Gabriel Marrugo direttamente dalla Colombia, attivista per i diritti dei popoli indigeni, rappresentante ONPOC e dei Guardiani delle Foreste in Colombia, e con Roberto Salustri, ecologo ed esperto in fonti rinnovabili, direttore Ecoistituto Reseda, dal 2007 impegnato anche in Africa su impianti solari per ospedali e nel miglioramento della produzione agricola degli orti solari familiari.

Salustri, partendo dal motto “senza ecologia non ci sarà futuro”, ha condannato la distruzione dell’equilibrio del pianeta operata dagli umani, una specie “il cui peso in chilogrammi è maggiore di quello di tutti i mammiferi esistenti sula terra”. Ha bollato i meccanismi del potere per cui viene strumentalizzato e sbandierato uno pseudoambientalismo per acquietare le coscienze e lasciat spazio, dietro le quinte, agli interessi di pochi, e affermato come non si possa “fare un discorso ecologico se non si esce dalla logica dell’umano”. Un problema sì filosofico ma anche pratico: una sola specie su 11 milioni di specie esistenti ha creato “un meccanismo che induce un pensiero”, in cui oramai siamo immersi; e per questo si ha bisogno di qualcuno che sia al di fuori di esso: i popoli originari, che sistematicamente da secoli abbiamo bollato come selvaggi, e che nella foresta amazzonica o nelle foreste congolesi non parlano di “natura” ma di “ciò che sostiene la vita”. Il concetto di natura, physis, introdotto dai Greci presupponeva che la natura fosse qualcosa di “altro” dall’uomo, mentre i popoli originari non hanno questo concetto in quanto non “separati” dalla natura. A tal proposito dalle parole di Gabriel Marrugo – uno dei “Guardiani delle Foreste” colombiano – si è appresa la grande importanza, per la sua cultura, del valore della collettività; nella consapevolezza di far parte della “comunità vivente” – fiume, animale, foresta… – non viene concepito, ad esempio, un premio dato ad uno solo, se non alla sua comunità, grazie e insieme alla quale ha potuto ottenerlo. Al centro l’importanza del bene comune, del rispetto per “ciò che sostiene la vita”, dell’intero ecosistema vivente.

“Dobbiamo creare una nuova ecologia, non so come fare ma vi do gli strumenti per riflettere”, ha concluso Salustri, “e sicuramente dovremo farlo imparando ad usare l’intelligenza collettiva, più che quella artificiale”.

Eliete Pereira ha poi mostrato il suo lavoro sulla comunicazione dei popoli originari del Brasile – poco più di un milione e mezzo di individui, con oltre 160 lingue – e sulla loro cosmologia, ponendo la domanda – che resta aperta – se il futuro dell’ecologia non possa essere un futuro ancestrale.

Consigliando la lettura di vari autori, brasiliani e non – Timothy Morton, Ailton Krenak, Ernst Haeckel, Antonio Bispo Do Santos, Cris Takua, David Kopenawa e Bruce Albert – ha posto l’attenzione su concetti come “l’ecologia come interconnettività”, ed “ecologia non antropocentrica”, in cui tutti gli esseri umani sono interconnessi, così diversa da un umanesimo che trasforma la natura in denaro, distaccandosi da essa e vedendola come risorsa da sfruttare.

Silvia Surrenti, che si occupa di salute digitale ambientale, ha poi mostrato che “le scienze della vita ci stanno indicando che l’essere umano è di per sé una collettività non solo umana”: cultura, tecnologia e natura convivono già anche nell’ambito della salute, come si evince dalle tecniche “omiche” che utilizzano i big data per rappresentare l’ambiente interno del nostro corpo secondo schemi che non sono quelli classici. È la branca della “metagenomica”: nel microbioma c’è una relazione simbiotica e di scambio con esseri che abitano sia all’interno che all’esterno di noi stessi. “La vita, e quindi l’ecologia, è frutto di una connessione di tipo simbiotico in ci niente si costituisce da solo. E questo ambiente sincretico che è il microbioma può essere sintetizzato, analizzato solo attraverso le nuove tecnologie”. Una genetica collettiva che indica una nuova idea di ambiente, interconnesso con l’uomo, allargando i confini tra ciò che esterno e interno a noi: “Ciò che succede all’esterno ha un effetto su di noi, e viceversa”. Per cui si annulla la differenza tra umani e non umani, il confine tra interno ed esterno, nel superamento anche dell’idea antropocentrica di salute, concependola come uno stato non più fisso, ma come relazione simbiotica con il tutto, in una visione transorganica dell’esistenza.

Nel pomeriggio Giacomo Tortorici ha intervistato Walter Quattrociocchi, uno dei massimi esperti mondiali di dinamiche dell’infosfera e dei social network, dei Castelli Romani con un gruppo di ricerca a Frattocchie – la “Scuola di data science” – iniziando “col botto”, inevitabilmente, con una domanda sulle elezioni americane: è vero che l’elezione di Trump sarebbe stata dovuta all’influenza dei social media?

“Trump non è mai stato eletto per colpa delle fake news” ha risposto con cognizione di causa Quattrociocchi, perché è scientificamente dimostrato – con studi accademici su milioni di casistiche – che “quel che circola sui social non influenza davvero le persone: c’è in realtà talmente tanto materiale informativo che ognuno pesca quel che più gli aggrada, ignorando le informazioni a contrasto” (ne ha ben parlato nel suo libro “Polarizzazioni”): si creano sempre più gruppi, nicchie epistemiche, eco chamber ad argomento, in cui corroborare le proprie convinzioni. L’elezione di Trump deriva da un fenomeno di massa statunitense così enorme che le variabili per una previsione erano infinite; ma il motivo principale a suo avviso “è che la narrativa dei democratici non attrae”, benché l’élite della comunicazione giornalistica avesse un po’ “forzato” le previsioni desiderando una vittoria della Harris (meccanismo dell’ “agenda setting”), con sondaggi che hanno assolutamente fallito. Il meccanismo che regola i social è dimostrato non essere assolutamente quello di diffondere informazione, ma l’intrattenimento; per questo i giornalisti ancora “vivono malissimo” i social, non vi si sentono a loro agio, vittime di un cambio di ruolo che ancora faticano a declinare nel nuovo ambiente. Sui social il meccanismo è essere popolare, fare visualizzazioni. Inoltre fare fake checking – ossia smentire le bufale – è dimostrato che non fa cambiare idea. E non è il prestigio di una pagina o un profilo social che determina diffusone di un contenuto, ma è il “è il contenuto stesso”. Se prima l’influencer era il veicolatore prilegiato, ora il mercato si è molto differenziato e si è tornati alla “customer segmentation”. Parlando poi di IA, ha affermato che “se ne parla troppo e male”, e che a suo avviso non è affatto una rivoluzione: la vera “rivoluzione dei dati” – prima della quale le reti sociali erano casuali, non avendosi i dati per misurarle – è del 1999/2000, quando si è aperto il “diluvio dei dati” e la pretesa – giacché l’uomo soffre di “ansia da controllo” – di usarli per fare previsioni di ogni tipo. E “anche l’informazione sui social passa per questa ansia”. Le macchine della IA non nascono per essere “intelligenti”, ma per prevedere come evolverà un discorso, un processo. Possono aiutare nel lavoro, in quanto facilitano la costruzione di contenuti, “ma il contenuto devi averlo”, “le fonti devi controllarle tu”.

Ha poi criticato il meccanismo per cui, in Europa, si cerchi di normare meccanismi che ancora non si sono capiti, tecnologie nemmeno iniziate. Una “sovrarappresentazione errata di problemi dal punto di vista normativo” che a livello industriale non ci rende competitivi.

A seguire, si è tenuta la tavola rotonda “Perniola Studies”, sulle ricerche che l’opera del filosofo Mario Perniola ha ispirato nel mondo, grazie anche ai suoi molti viaggi e alle sue relazioni con gli ambienti accademici di vari continenti, e soprattutto al suo rapporto privilegiato con il Brasile. Ne hanno discusso grandi esperti internazionali: Enea Bianchi (Università di S. Paulo USP Brasile), Eliete da Silva Pereira (Università di S. Paulo USP Brasile), Alberto Sanchez (Università Autonoma Metropolitana UAM Città del Messico), Loredana Massaro (Sistema Castelli Romani).

Enea Bianchi ha fornito una esauriente introduzione al pensiero di Mario Perniola, tracciandone tutto il percorso formativo e professionale – dai primi anni Sessanta al 2018 – che lo ha reso testimone di sessant’anni di storia europea, italiana e mondiale. Ne è emersa la eccezionale figura di un “outsider”, visiting professor ovunque, scrittore, cultore dell’arte e della letteratura, fondatore e animatore di riviste – Agar agar, Estetica news. Clinamen, Àgalma (ancora attiva) – che ha tuttavia sempre mantenuto “un piede” nell’accademia e ha insegnando per quasi trent’anni, gli ultimi, Estetica a Tor Vergata. Ha evidenziato le tradizioni che più hanno influenzato Perniola: lo stoicismo, con la sua filosofia dell’azione e dell’efficacia a livello quotidiano, ma anche il barocco (nella definizione data da Bacone: “l’immaginazione è il fare e disfare matrimoni illegali tra le cose”), concludendo come “tutta la sua opera sia stata mostrare consonanze tra esperienze apparentemente lontane, e l’annidarsi del perturbante nel quotidiano” “familiarizzare il familiare e viceversa”. Un focus particolare Bianchi lo ha dedicato ad alcuni testi fondamentali di Perniola, concludendo con il libro più “corposo”, uscito postumo, “Tiresia contro Edipo” testo uscito postumo, nel quale nel suo ultimo anno di vita l’intellettuale riflette su tutto quel che ha vissuto. Ne è emerso il quadro di un pensatore atopico, inclassificabile, sempre in ricerca.

Eliete Pereira ha poi introdotto alla conoscenza degli autori e intellettuali brasiliani importanti per la formazione di Perniola – Candido Mendes, Gilberto Freyre, Roberto Motta, Clarice Lispector – intellettuale poliedrico che si immerse “in un Brasile intimo profondo e al di fuori degli stereotipi classici”, un paese che amò enormemente, anche nei suoi paesaggi, che gli comunicavano “un’esperienza di spaesamento e sospensione”, trasformandosi “in un nativo dell’isola di Tamarakà”, dove scelse anche di soggiornare a lungo: molte delle suggestioni presenti nel libro “Il Sex appeal dell’inorganico” sono suscitate anche dal paesaggio brasiliano.

Spiegando come lo stesso nome del Festival, “Transiti”, derivi dalla parola “trance” delle culture afro-brasiliane – la “possessione teatrica” data dal ritmo ancestrale di musica e danza – e dalla concezione di una cultura che permea completamente la propria esistenza, ha concluso con l’osservare come Perniola sia molto conosciuto in Brasile più nell’ambito dell’arte che in quello della filosofia, e ponendo l’attenzione sulla esperienza culturale da lui vissuta in effetti come “esperienza sinestetica sia dal punto di vista percettivo che concettuale”.

Alberto Sanchez ha parlato di arte ed estetica in Mario Perniola, un’estetica della vita e della forma – forma che in Perniola è elemento fondamentale della cosa – e del sentire. Un’estetica dell’interazione visiva, come transito e sospensione, con categorie plastiche e flessibili, strumento per instaurare una nuova forma di relazione tra le cose; dell’arte nel suo impatto sulle forme di vita, con le interazioni e le aperture che ne derivano. Transito come non solo ciò che accade, ma anche nuova forma per relazionarsi con una parte del mondo della vita che ne è stato “espulso”.

Loredana Massaro, del SCR, ha posto in evidenza il tema della trasformazione delle relazioni interpersonali nell’era post-umana, ponendo in evidenza la dibattuta datazione del “post-umano” – successivo a una delle due guerre mondiali, o addirittura permanente – in quanto era di ibridazione e fluidità (Baumann, Rosy Braidotti…). “Dove finisce il corpo umano e dove inizia la macchina”? “Queste tecnologie in realtà possono anche isolare, alienare, creare dipendenza. Come trovare un equilibrio tra rischi e opportunità di questa società iperconnessa?”. Ha posto in rilievo come nel testo “Miracoli e traumi della comunicazione” (2009) Perniola, sottolineando gli eventi straordinari – husserlianamente “fenomeni-limite” – presentati sotto il duplice aspetto “del miracolo e del trauma, in quanto imprevedibili e inaspettati” – la rivolta degli studenti del ’68, la rivoluzione iraniana del 1979, la caduta del muro di Berlino del 1989, l’attacco alle torri gemelle del 2001 – via abbia visto l’offuscamento della differenza tra reale e impossibile, e come si entrati nell’epoca delle valutazioni arbitrarie. “La sfida del post umano è dunque una sfida di equilibrio tra l’espansione delle nostre capacità e la conservazione di ciò che ci rende individui unici”, ha concluso.

L’ultima sessione del Festival ha visto la giornalista Rai Barbara Carfagna dialogare con uno dei più grandi sociologi viventi, Derrick de Kerckhove, leggenda mondiale per il digitale, ultimo allievo e amico di Marshall Mc Luan, e Massimo Di Felice sul futuro quantico della comunicazione, argomento tanto complesso quanto attuale.

Presentandoli, la Carfagna ha affermato “ci siamo un po’ incartati negli ultimi decenni attorno a questioni spesso determinate anche da errori di definizione, come nel caso di Intelligenza Artificiale, mentre questi due studiosi ci hanno restituito una visione della complessità di cui dobbiamo essergli grati”, stimolando la discussione in direzione di un ulteriore passo avanti nella discussione sull’IA generativa.

Massimo Di Felice ha parlato di cambiamento radicale del concetto di comunicazione, nella attuale crisi del linguaggio, in cui le categorie passate di complessità sistemica e cibernetica (forme lineari di passaggio di informazioni attraverso dei mezzi di comunicazione) non sono più adeguate, in una “evoluzione di forme di connettività ed espansione di reti” che connette uomini, computer e “non umani”. “Le reti che connettono gli ecosistemi ci portano a individuare una nuova idea di comunicazione”; “quando noi oggi interagiamo con big data e gli poniamo domande (…) questo scambio comunicativo implica processi metamorfici che non sono più esterni, (…) come i cambiamenti climatici non sono il risultato di una causa e nemmeno di un effetto, e stanno avvenendo non in una zona del mondo ma nei nostri stessi organismi”.

De Kerckhove ha puntato sulla mancanza, oggi, di “un’idea di comunicazione”. De Kerkove creò il termine “intelligenza connettiva” (counicaz connettiva e non disseminativa)

Disseminazione / cristo      Dialogo /socrate

Inaugura un processo metamorfico: ogni volta che noi interagiamo il ns sistema neuronale subisce delle tradformazioni, è stata cambiata la nostra idea di conoscenza, sono orsmai delle “condizioni abitative” forme di ecologia che stabiliamo tra noi gli oggetti gli ecosistema

Gli LLM (Large Linguage Model  ?)  dice Carfagna……….  De Kerkove sostiene che questa globalizza, omogeneizza sia in realtà un transito verso l’informatica quantistica. Cos’è che camvia in un mondo in cui le persone affrontano l’ambiente a un liv globale e così connesso a liv informativo (informaz=dato e non su qlcs e qlcn)

DE KERKOVE, “si chiama CONVERSIONE” tra fisica classica e fisica classica, due cose coerenti ma profondamente diverse

“Ecologia quantica” “connettività quantica”.

Riduzione del computer digitale a dispoisitivi piccolissimi Oggi che succede? Siamo in cammino verso tecnologie, siamo tutti bagnsti d questa cultura digitle  (EMG per veder einterno del corpo, navigstori, sist satellitare, orologio atomico, computer quantici…)  . Questo , la cultura digitale non si può fermare qui, perché ha un ruolo “transitorio”  è una transizione verso il quantum, la funz fondam del digitle è trasformare tutto in informazione.  Ecco perché quantum computing più del digital computing, spazio e tempo che viviamo pensiamo che “duri” La fisica quantica: invece è epifania, sorgente, fonte.

Carfagna; transizione di pensiero =>  invece indeterminazione e non località

Heiselberg incertezza, ma meglio indeterminazione, dice Kerkove. È la cosa più piccola della realtà, è alla base di tutto, è qualcosa che inserisce nella realtà non solo il dubbio ma la possibilità di dubbio, possibilità di. La fisica classica ti fa credere che tempo è permanente e spazio infinito (greci), ma il quantum dice che non è così, e lo facciamo ogni notte, ogni notte nei sogni facciamo ricorstruz istantanea di un mondo dentro cui siamo centrali. È una cosa che arriva, ecco l’indeterminaione-. La possibilità di tornare “evento”

Di Felice: passaggio dall’internet digitale all’internet quantica (che funzionerà se sarà realizzata con il qbit, con la poossibilità che ogni qbit possa essere sia zero che uno), questo cambia tutta la forma di counicazione, non c’è più trasmissione ma c’è l’evento (aion, per i Greci, “atto connettivo” lo traduce Di Felice) se la comuicaz diventa evento, siamo anni luce distanti dall’idea di ontologis. Le cose non hnno più unn essensa, ma tutto continuamente è agigornato, processamento di dati che è continuo, realtà che non è più qualcosa di oggettivo, non ha più un essensa, ma diviene continuamente, a partire dalle metamorfosi che le connessioi e i dati continuamente profucono. Non sismo più nellss cibernetica di Winner (sistemi a feedback che si autocontrollavano) (controllo dei sistemi complessi) (idea basata filosoficamsu distinz tra uomo e macchina)  quest’idea ciene copletmente eno con la computazione quantica, gli umani non controllano la tecnica né la natura, cittadinanza possibile all’int della pandemia, all’int delgi eventi climatici straordinari, assumere delle forme di adattamento continuo, come fanno glio organismi vivi belgi ecosistemi, citdidnanzna non più fstto poitco ma ftto molto più coplesso, quindi dovremo continumente costruire le nostre governance con la logica dell’adattamento e non delcontrollom, qiuindi cittadinanza non più locale, (non hanno una “località”), cittadinanza non più come polis, che ha creato il metaverso che separa l’uomo dalla natura dall’ambiente e dalla tecnica (un tipodi ordine che arriva fino a Winner, fio alla cibernetica) Gregory Betson (l’’autore che più ha anticipato i cambiamenti che stiamo vivendo) crea la seconda cibernetica, l’uomo è parte del sistema che pensa di governsre “Mente e natura” (intelligenza ecologica). Un cervello da solo non è intelligente, a esserlo sono le reti neuronali, l’mbiente in cui l0indiciduo cresce, le informzioni, quindi esistono RETI NEURONALI che produconoi intelligenza, Ecologia della mente spiega bene come sta cambiando la ns intelligena in connessione con i dati (Di Felice).

Non si può misurare l’indeterminatezza, quando si misura diventa realtà?

De Kerkocve: la misura che si fa rompe l’equilibrio incerto del quantum e definisce la materia (non è la mat che crea la coscienza, ma è la coscienza che crea la materia, G Bruno) ma quando la crea sparisce. Noi che siamo qui siamo una manifestazione dell’indeterminatezza (Carfagna)

Nobel 4 anni fa sulla “non località” prova  scientifica… simultnaeità del funzionm di due particelle connesse (einstein lo chimava “paurosa azione a distanza”)

Tutto ha il suo posto, noi siamo localizzati. La non località genera il fatto che una particella, molto spesso, si divide in almeno due e forse anche di più. Queste due poi si separano e “sono” simultaneamente su Saturno, su Marte… entanglement…  Atopos ma ancor più, inesistenza di posto. Dice Kerkove.

Atomi di stelle? Siamo molto più di questo. Siamo uniti nella non località, con la natura fisica questo entaglement è una soerta di intimità globale e questo è straordinario, e si tratta di “essere”, non di eventi. (Kerkive) Perniola era ossesisonato, tutti i suoi libri parlano dell’essere.

Di Felice: non localiltà, N località (Einstein / geometria ellittica di riman, spazio curvo, quindi non è tridimensionale ma ha n dimensioni). Principio di indeterminazione di Heiselberg, si rende conto che non dipende dagli strumenti (microscopio per vedere eletrroni) ma che è nella struttra propria dle eparticelle, l’osservatore non è esterno al fenomeno, relazione che si crea come evento da un insieme di tante entità che contribuiscono a produrre questa posizione

“ la posiz non è più la relaz tra un’entità e lo spazio, ma è l’evento che produce la posizione tra le connesisoni di un insieme di entità, cioè è il risuktsto di una connesisone complessa di entità” non c’è uomo e spazio, l’uomo è già lo spazio”

La non località è l’esperienza che facciamo tutti noi quando ci connettiamo con qlcn altro via smartphone: dove siamo?   Se ci sonettismo con una call quello spazio diventuno spzio pubblico, ad es

Sono i flussi informativi che producono il nostro essere ed esserci.

Domanda su soggettività e oggettività (Carfagna)

Kerkove: se scriviamo e leggiao in silenzio cambiamo medium di comunicazione a medium di riflessione, abbiao internalizzato il linguaggio in forma di pensiero, creato un capitale cognitivo, logico. Questo crea la differ tra l’oggettività della realtà. Oggettività /  opinione doxa di Platone

 

I cinesi non hanno realizzato la separaz completa persona / natura che era nec per la logica classica, uomo separato dalla natura è un occupante. Convertirsi a una visione dell’essere che è molto più ricca di quella che viviamo adesso.

Grande diff tra uomo occid e uomo sperato da Perniola è che questa dist è completam superata, eliminata, tra persona e oggettività non più differenza, non sei più occupante ma partecipante. Qs succede con la cittadinanza digitale, partecipare a una sinfonia di partecipanti. (Kerkove)

Eliminare l’illusione della permanenza. Il “punto di essere” si oppone al “punto di vista” non giudica, non è visuale, è tattile (Kerkove). Fondam avere una relaz col resto del mondo in modo tattile anziché visuale.

Il punto di vista ti stacca dalle cose, il punto di essere ti mette dentro.

Torniamo aborigeni allora? Che cosa c’è di nuovo? (Carfagna)

A questo punto che cosa fare?

Di Felice: non si tratta di tornare al mito illuminista del buon selvaggio, neanche di des-occidentalizzarci, è impossibile. La scrittura fonda l’occidente. Non riusciremo mai a non essere occidentali, perché pensiamo attrav la scrittura. La questione è l’ipercomplessità, oggi abbiamo la poss di processare una quantità dìinfinita di data, approccio a un tipo di complessità nuovo, molto più complesso di q che ci ha dato la tipografia e la scrittura.

Il sé non può neanche essere scritto (Heidegger dice “non può essere detto”, pensiero né metafisico né ontologico, ma evento:… è la poesia di Holderin…)

Forme di narrativa, di riflessione che non sono solo la scrittura, la cui forma lineare non ci permette di….. salto quantico… come farlo? Come spiegare un mondo senza la scrittura? (Di Felice) i dati non parlano da soli. Dobbiamo pensare a una rivoluzione oggi non solo dell’idea di conoscenza, ma anche delle forme espressive.

Esistono popoli non occid che si connettono al digitale e alla foresta nello stesso modo, agli alberi, piante…

(Di Felice)

Carfagna: ci sono pezzi di mondo che hanno già “transato”… (transaz. digitale e …………. ) per es Arabia Saudita, dove stanno ricostruendo un pezzo di crosta terrestre. Piantano 30 milioni di alberi all’anno, li allevano in delle nursery cercando di fermare il deserto. Reintegra. no i coralli stampandoli in 3d, riattirano specie di pesci… la chiamano rigenerazione… 100% digitale , impianto solare enorme – avrà un enorme impatto geopolitico. È tutto sostenibile. È qualcosa di pensabile questa ricostruzione artificiale e sostenibile della natura, anche geopoliticamente…?

Di Felice: l’umano lo ha sempre fatto, buona parte della foresta amazzonica è stata piantata dalle popolazioni.

Big data sw algoritmi non sono né naturali né artificiali – complessità. Non esistono le macchine. Nessuna macchina è un prodotto dell’umano, è un qualcosa che cambia il nostro essere umani.

Non esiste intelligenza naturale / ogni tipo di intelligenza è prodotta artificialmente.

L’agricoltura è naturale?

Dobbiamo liberarci dalle categorie prodotte dall’antica grecia e che hanno costruito…

E iniziare ad abbracciare la logica quantica, cioè la logica dell’ipercomplessità

Creare forme di sostenibilità che non distruggono l’ambiente e che permettono di continuare a vivere o migliore la qualità di un territorio. Il sensore crea un’altra natura, una natura che crea informazioni. Mask ha connesso tutta l’America Latina, creando un’altra foresta, vedere Amazzonia da altri punti di vista.

Forme più adattative: ottenibili con la tecnologia, che non è il fare dell’uomo sulla natura, ma la nostra forma adattativa e metamorfica, parte integrante della biologia, dell’ecosistema. Cominciare a ppensare che le connessioni, le tecnologie dìci possono permetter edi adeguarci e adattarci in modo più intelligente, ottimo esempio dell’Arabia saufdita.

Kerkove: ritrovare un po’ di quantum… idea di Perniola dell’intimità dell’inorganico, intimità con il mondo, sospensione tra momento di umano e macchina… Perniola insegna come gestire la natura in anima, come parlare “la roccia”.

Kerkove ringrazia di felice: per lui fino ad oggi Cervello sistema di filtro, non di produzione: roccia però era il limite, che non poteva avere coscienza…

Il Festival si è concluso in una maniera assolutamente non convenzionale con il film “L’etrusco uccide ancora” di Armando Crispino, a cui è seguito un dibattito coordinato da Ivelise Perniola (Università Roma Tre). Il film concettualizza il tema delle “connessioni” sia narrativamente che formalmente, attraverso un immaginario archeologico inteso come punto di contatto tra vivi e morti, presente e passato, mondo in superficie e mondo abissale, scienza e leggenda.

Un film del 72 un giallo, il giallo è smepre filosofico, verità apparente, e percorso che condice allo svelamento di una verità :  psrtire d una verità apparente o simjulacro

Delitto investigaz rsccolts degli indizi e poi soluz finale

Si incrocia con thrille re horror moltiplicazionoe di delitti di personaggi di verità apparenti, che poi confluirano in una univa verità dfinale abbstanza sorprendente

Dimensione non solo concettuale ma anche ludica, diretto da Armando Crispino e scritto dallo stesso Crispiono con Battistrada   gioca a carte scoperte con lo spettator epermeteno di porsi allo stesso livello dei pesonaggi e costruire insieme a loro i perscorso dell’investigazione

In un festival come questo, gioco fluido di passaggio da un verità all’altra , utile per la comprensione di un certo meccanismo ligico che è all bsse dells vits stessa, tutti abbiamo un segreto, che è la ragine della nostra vita sulla terra, e un mistero su come si conluderà, sappiamo quale sarà la nostra fine ma non come sarà

Edipo re di sofocle… il cinema comincia wuasi subito a produrre giali,a ceh qaundo muto