È un’Italia stanca e ferita quella che, da oggi, faticosamente si è rimessa in moto.
È un’Italia preoccupata dal virus. È un’Italia consapevole che nessuna misura di contenimento sia stata messa a disposizione per una convivenza sicura. Tamponi non sufficienti, tracciamento neanche a parlarne, trattamento tempestivo inevitabilmente utopistico.
E’ un’Italia schiacciata dai diecimila comandamenti imposti, sempre con la volontà neanche troppo sotterranea, di spostare la responsabilità su impeditori, commercianti , ristoratori, baristi, medici sociali. Trasformando le incapacità di chi governa in responsabilità di altri.
È un’Italia che prova a ripartire nonostante i protocolli siano stati comunicati poche ore prima di questa mattina. Dopo un repentino cambiamento da “Non sarà un libera tutti” a “Tutti liberi”.
È un’Italia del teatrino dell’assurdo in cui, nel pieno del dramma, non si riesce, nella notte, a licenziare il DPCM perché, come riferiscono oggi tutti i quotidiani, il Ministro della Salute speranza risulta irrintracciabile. Sta dormendo.
Ma è anche l’Italia che oggi non ce la fa a ripartire.
È l’Italia di chi non riuscirà a riaprire il negozio. E’ l’Italia di chi ha perso il lavoro. E’ l’Italia di chi è disperato. E’ l’Italia che ha bisogno di sentire lo Stato accanto. Ora e subito. Per non affogare.
Ed è anche l’Italia delle contraddizioni. L’Italia in cui, si legge, aprono le strutture e i centri sportivi ad esclusione di palestre e piscine. E cosa sono palestre e piscine se non strutture sportive?
È l’Italia che si dimentica dei bambini, mettendoli all’ultimo posto nella scala di priorità.
È l’Italia in cui si prova a far ripartire tutto. Tutto tranne la scuola.
È l’Italia in cui le scuole restano chiuse a differenza di Francia, Germania, Belgio, Danimarca, Olanda, Norvegia, Repubblica Ceca, in parte Regno Unito e addirittura Spagna.
È l’Italia che dimentica che “scuola” non significa solo meccanico apprendimento o smanettamento su un tablet o su un pc, saltando tra google e wikipedia.
È l’Italia che dimentica che la scuola è anche e soprattutto socialità, orizzontale tra i ragazzi e verticale coi docenti
È l’Italia che dimentica di investire sulla crescita morale e intellettuale dei propri figli, sulla maturazione di una coscienza civile e politica che avviene, da sempre, tra le mura scolastiche.
È l’Italia che mette la possibilità di consumare un caffè al bar davanti alla crescita umana dei propri figli.
È un’Italia che, in qualche modo, ce la farà. E, come spesso è accaduto nella sua storia, ce la farà esclusivamente con la forza e la tenacia della propria gente.