

Luca Andreassi, fotografa da tifoso la situazione della Virtus Roma basket. Un articolo tutto da leggere:
“Avete presente quella scena dei film in cui il protagonista viene a sapere che quel suo amico con cui aveva discusso terribilmente qualche anno prima al punto da interrompere ogni tipo di rapporto sta morendo? E lui corre al suo capezzale? Ed improvvisamente i due tornano a capirsi. E se è un film dal lieto fine, l’amico malato si salva ed i due tornano a volersi bene come e più di prima. Perché in fondo non avevano mai smesso di farlo.
Io la sto vivendo così la fine della Virtus Roma. Tre anni fa quando il Presidente Toti tra Alberani e Calvani scelse il primo appesi la mia tessera del tifoso al chiodo. Non mi sono più abbonato (dopo 25 lunghi anni di gradinate), pur non riuscendo a smettere di seguire e tifare silenziosamente per la mia Virtus. Ed oggi lei sta morendo. Sta morendo per la miopia di una dirigenza che nonostante l’impegno economico profuso non è mai riuscita ad impostare una seria programmazione. Una programmazione che partisse dai vivai, dalle società del territorio romano, da contratti con gli atleti non per dieci mesi ma pluriennali. Sta morendo per l’incapacità della dirigenza di coinvolgere la città, dall’imprenditore che potesse essere interessato ad impegnarsi economicamente al tifoso, a volte con disprezzo definito “occasionale”, che incuriosito decide di assistere ad una finale scudetto senza riuscirci perché Roma, quattro milioni di abitanti, gioca in un Palazzo da 2500 posti.
Eppure compostamente rassegnati nel vedersi sfrecciare a destra e sinistra realtà come Sassari, Venezia, Reggio Emilia e prima Bologna, Varese, Pesaro, società che hanno fatto della programmazione un credo, noi eravamo lì, ogni domenica a tifare la nostra Virtus.
Ero poco più di un ragazzino quando entrai per la prima volta nel Palazzetto dello Sport. Era l’anno successivo ai trionfi della Coppa Campioni e della Coppa Intercontinentale. Quel Bancoroma era già in calo evidente. Era ancora il Banco di Gilardi e Polesello. Wright e Kea non c’erano più. C’era Leo Rautins e Flowers. Giocavamo contro la Simac Milano di D’Antoni e Meneghin. C’era Premier e un giovane Bargna. Sarebbero venuti da noi qualche anno dopo. Li avremmo osannati. C’era pure un ragazzino che tanti dispiaceri ci avrebbe dato negli anni successivi. Si chiamava Riccardo Pittis. Aveva più o meno la mia età. Perdemmo. Ovviamente. Le storie della Virtus finiscono sempre con un “perdemmo”. Ma io da quel giorno non sarei più uscito da quel Palazzo. E quante ne abbiamo viste insieme! Non ci credo che Brian Shaw ne mette 49 (quarantanove!!!!) contro Caserta!! E credo ancora meno che Maurizio “Riccio” Ragazzi, sempre contro gli odiati casertani, sotto di due, mette una tripla pazzesca da centrocampo sulla sirena! Non era sfondamento di Jerome Allen in gara 3 dei quarti a metà anni ‘90 contro la Benetton. Era fallo. Ma a Marcus Brown i falli non si fischiano. Ah, già, perché non so se non lo sapete ma a noi i falli non li fischiano. La Supercoppa sarà pure un portaombrelli ma noi l’abbiamo vinta e ci teniamo. Non ci credo che gara 5 di semifinale contro Bologna Fortitudo la perdiamo. Siamo più forti. Parker, Santiago, Tusek, Myers e Horace Jenkins fanno ancora venire i brividi. Pronti via siamo 31 a 8. La vinciamo facile dicono dietro di me i neofiti del basket. Io sudo dietro la panchina della Fortitudo. Finchè la partita la perdiamo (alla fine perdiamo sempre). La perdiamo perché quell’energumeno di Skelin, imbeccato dalla sua panchina (il coach era Jasmin Repesa ed ancora qualcuno mi chiede perché io l’ho fischiato dal primo all’ultimo giorno della sua permanenza sulla panca di Roma) facendo un blocco irregolare fa uscire la spalla a Jenkins. Va bene ci si mette pure Myers, in quella partita. Ma a Myers io ho sempre perdonato tutto. Tranne l’aver portato a Roma Alberani. Ma questa è un’altra storia. E su Righetti è fallo, dannazione. Come fai a rovinare la più bella partita della storia del basket italiano non fischiando un fallo su Righetti nettissimo. Ah è vero. Scopriremo da lì a qualche anno che Siena gli scudetti se li comprava. Ma intanto noi continuiamo a perdere. E perdiamo pure nell’anno del miracolo targato Marco Calvani. Perdiamo per gli stessi motivi. Perché a noi contro Siena i falli non li fischiano.
Episodi. Episodi di una vita vissuta fianco a fianco. Fianco a fianco di Cooper, Radja, Polesello, Gilardi, Flowers, Della Valle (padre), Lorenzon, Ambrassa, Busca, Avenia, Cessel, Henson l’Immhenson,Shaw, Ferry,Wright, Tusek, Myers, Ancilotto, Bodiroga il divino, Sconochini, Gigi Datome, Phil Goss. E quanti ne dimentico. Ho i brividi.
Siamo cresciuti insieme ed ora mi dicono che te ne stai andando per sempre. Sono riuscito a presentarti mio figlio. Farà basket il piccolino. E lo crescerò con le immagini di Ricky Mahorn (dai su, un paio di Korac le abbiamo vinte. Non perdiamo sempre) e Gigi Datome.
Se vuoi continuo, amata Virtus, ma penso che il senso tu l’abbia capito. Non te ne andare. Stavolta ho davvero paura che tu non ce la faccia a sopravvivere. Ti prometto che tornerò da te. Sì torno comunque. Non te ne andare.”