Il dramma di Mattia Giani, morto a 26 anni mentre disputava una gara del Campionato di Eccellenza toscano, fa tornare alla ribalta la problematica dell’arresto cardiaco in campo e di come intervenire nel malaugurato caso che questo evento si manifesti durante l’attività della Scuola Calcio. La redazione di Forum 511 ha intervistato il Direttore generale dell’Albano calcio a 5 e Direttore del nostro sito, Marco Giustinelli, sull’argomento.

Direttore, come è organizzata la Scuola Calcio dell’Albano calcio a 5 in tema di cardioprotezione?

“Il nostro club è stato tra i primi a aderire al progetto “Albano sicura” promosso nel 2009 dalla Polisportiva Comunale Generale in collaborazione con la Fondazione “Giorgio Castelli”, che ha portato la nostra città ad avere tutte le realtà sportive e gli impianti comunali cardioprotetti con molto anticipo rispetto alla Legge Balduzzi del 2012. A questo si è aggiunta la nuova disposizione della FIGC che prevede che, all’interno dei percorsi di qualifica per gli allenatori, sia inserito anche il corso BLSD. Di conseguenza, in ogni impianto che fa riferimento all’Albano calcio a 5 (Seven, Montegentile, Collodi) è presente un apparecchio defibrillatore e le risorse formate alla rianimazione cardiopolmonare.”

Quindi si può affermare che tutti gli atleti dell’Albano calcio a 5 giocano in un contesto sicuro?

“All’interno di un impianto sportivo non ci sono solo gli atleti, ma anche i famigliari, gi allenatori, il personale del club e, durante le gare, anche un numero significativo di spettatori. Considerando che tutte le risorse dell’Albano sono formate e pronte ad intervenire in modo efficace, possiamo dire ci sono tutte le condizioni umanamente possibili per garantire tempestività ed efficacia nell’intervento. Bisogna però considerare che per aumentare il grado di sicurezza, è necessario lavorare molto anche sulla prevenzione.”

In che senso?

“La certificazione richiesta dalla legge per praticare una attività sportiva è legata a protocolli in vigore da troppo tempo e che andrebbero aggiornati. Ad esempio, sino ai dodici anni è richiesto solo un certificato rilasciato dal medico di base per attività non agonistica che, generalmente, è suffragato da un elettrocardiogramma eseguito negli ultimi sei mesi. Questo avviene, e lo dico per esperienza diretta, anche per noi adulti. L’esperienza ci insegna che è necessario un ulteriore passo in avanti, cioè effettuare anche, almeno per la prima volta, un ecocardiogramma che garantisca l’assenza di patologie altrimenti trasparenti al normale elettrocardiogramma. In passato questo esame ci ha permesso di intercettare casi che hanno richiesto esami più approfonditi, tutelando così al meglio la salute del ragazzo. Noi, ad Albano, consigliamo vivamente a tutte le famiglie che iscrivono i ragazzi alla nostra Scuola Calcio di integrare la certificazione con l’ecocardiogramma.”

C’è altro che sarebbe opportuno suggerire?

“Non sono un medico ne’ un infermiere, eppure sono stato formato, tra l’altro gratuitamente, dalla Fondazione “Giorgio Castelli Onlus” alla rianimazione cardiopolmonare e all’uso del defibrillatore semiautomatico. Tutti possiamo diventare, investendo poche ore del nostro tempo, degli operatori “laici”, non sanitari, acquisendo le competenze necessarie per intervenire efficacemente in caso di emergenza. E poi è necessario lavorare sulla cultura dell’emergenza. Un defibrillatore in un centro sportivo è anche un presidio sul territorio. Nel raggio di qualche decina di metri dal nostro impianto, ci sono un Ufficio Postale, un supermercato, un bar frequentato da tanti giovani, un mercato rionale. Quindi significa, oltre a garantire la sicurezza nel nostro contesto specifico, anche ad offrire un servizio ad una intera comunità.”

Una cultura della solidarietà che va oltre la mera pratica sportiva, quindi?

“Lo sport deve essere condivisione, interesse per l’altro, attenzione ai più deboli, educazione ad essere comunità. Far crescere la cultura dell’emergenza vuol dire dare il proprio contributo concreto alla costruzione di una società migliore. E questo, credo, faccia parte della missione dello sport.”