Il ruolo geopolitico dell’Italia

Politica ed economia, l'analisi di Domenico Parisi della situazione italiana

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Italy in red at night as seen from Earth's orbit in space. 3D illustration with highly detailed realistic planet surface. 3D model of planet created and rendered in Cheetah3D software, 5 Mar 2017. Some layers of planet surface use textures furnished by NASA, Blue Marble collection: http://visibleearth.nasa.gov/view_cat.php?categoryID=1484

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L’Italia non può essere considerata una semplice pedina in una partita di scacchi. Il suo ruolo internazionale sarà ancora rilevante?

 

Fattori di politica internazionale.

 

Gli elementi politico/economici che determinano direzione e capacità di partecipazione alla vita internazionale di uno Stato sono: le caratteristiche dovute alla posizione geografica (vicinanza ad altre nazioni, prossimità marittima, essere attraversati da rotte commerciali terrestri e/o navali rilevanti), l’importexport (la dipendenza da altre nazioni soprattutto di risorse energetiche come petrolio, carbone, gas e materie prime), la potenza economica espressa con il Pil, la sovranità monetaria e la partecipazione ad accordi, trattati ed organismi internazionali.

Il rapporto con i Paesi mediterranei.

La posizione geografica in cui si trova l’Italia detta un’agenda obbligata, il rapporto con i Paesi che affacciano sul Mediterraneo è intrinsecamente una delle priorità del Ministro degli Affari Esteri.

L’Italia è diventata la speranza per gli africani che non riescono ad arrivare in Europa da est e dallo Stretto di Gibilterra. Bisogna quindi fare i conti con i continui sbarchi e sviluppare una politica estera e d’integrazione forte, che sappia rispondere alle esigenze di queste ondate di civili che cercano condizioni di vita migliori altrove. Per fronteggiare questo problema, insieme alla lotta al terrorismo e al conflitto israelo-palestinese, e per rafforzare i legami tra Paesi, nel 2008 è nata l’Unione per il Mediterraneo. L’obiettivo è la promozione di una maggior coesione sociale ed economica di questa regione, consolidando i rapporti tra le due sponde. Sono stati avviati più di 50 progetti che spaziano dallo sviluppo umano, all’energia, all’integrazione, all’urbanistica, alla stabilità e via dicendo.

I Paesi che affacciano sul Mediterraneo e sono separati dall’Italia solo dal mare, hanno tutti buoni rapporti bilaterali con la penisola italiana. I principali Paesi sono: Algeria, Egitto, Marocco, Tunisia, Libano, Israele e i territori palestinesi. Sono rapporti economico-commerciali che rappresentano ottimi sbocchi per gli investimenti esteri delle aziende del Belpaese e porte di accesso all’Asia e Africa. Non sono mancati degli scivoloni, come i casi Regeni e Zaki con l’Egitto, oppure la situazione diplomatica turca. La questione curda, il genocidio armeno, l’influenza culturale e religiosa nella zona balcanica non sono punti a favore dell’Italia che abbraccia idee e valori democratici.

Intorno al 1980 nacque l’espressione geopolitica “Mediterraneo allargato”. Oggi i confini geografici e politici di questa regione sono ben definiti, ma data l’importanza di questa porzione di globo gli interessi che gli ruotano attorno portano spesso ad allargarne i confini, che sono determinati dalla situazione politica che si crea ogni volta. Un esempio d’intervento italiano oltre i confini geografici del Mediterraneo è la presenza di navi nel Golfo di Guinea per fronteggiare la pirateria. Non solo “Mediterraneo allargato”, ma “Infinito Mediterraneo”. Questo è un ulteriore concetto con cui si decreta il “Mediterraneo allargato” come punto di partenza per una visione ingrandita che pone la regione come zona di raccordo tra l’Indo-Pacifico e l’Atlantico.

 

Italia, Cina e Russia.

 

Le relazioni tra Italia e Cina hanno formalmente preso avvio nel 1970. I partenariati in ambito economico, commerciale, culturale, scientifico e tecnologico sono cresciuti con il passare del tempo, non a caso l’Italia è stato il primo Paese del G7 ad aderire alla Belt & Road Initiative. È un programma d’investimenti intercontinentali che mira all’accelerazione dell’integrazione economica dei Paesi che sono sulla storica Via della Seta. La presenza delle imprese italiane in Cina è forte con circa 1700 imprese a connotazione tessile, meccanica e agroalimentare. Il contesto è il chiaro tentativo di attrazione della Cina a discapito degli Stati Uniti in questa nuova lotta per la supremazia planetaria.

Sono notevoli le opportunità d’implementazione delle relazioni economiche con la Russia, visto che ultimamente gli investimenti italiani hanno registrato un rallentamento. L’Italia è uno dei partner più vicini alla Russia, con una linea di comunicazione diretta tra Palazzo Chigi e il Cremlino. Rapporti diplomatici e politici sono di alto livello, si organizzano spesso incontri allargati per consultazioni intergovernative. Il settore energetico è il fulcro delle relazioni economiche ed in questo senso i contatti si sono sempre rafforzati. Tantissime sono le imprese italiane attive in Russia con quote di esportazione importanti nella manifattura e nel tessile. Non solo economia e politica, ma anche in campo culturale c’è molta complicità grazie a programmi di scambio e la realizzazione di manifestazioni.

 

Economia nazionale.

 

Il saldo della bilancia commerciale dell’Italia è aumentato nell’ultima decade confermando che l’export ha assunto un ruolo sempre più importante per il Pil, che dopo una battuta d’arresto nel 2008 è schizzato a circa 1850 miliardi di dollari nel 2020. L’Italia è così ancora nella top ten delle economie mondiali. I maggiori partner delle esportazioni italiane sono: Germania, Francia, Usa, Svizzera, Spagna, Regno Unito, Belgio, Polonia, Cina e Paesi Bassi; i principali paesi delle importazioni invece sono: Germania, Francia, Cina, Paesi Bassi, Spagna, Belgio, Usa, Russia, Polonia e Svizzera. Tra i principali prodotti importati in Italia ci sono: petrolio, gas, metalli preziosi, prodotti siderurgici e chimici. L’impatto di queste importazioni è notevole sullo sviluppo del settore secondario, inoltre, l’aver ceduto la sovranità monetaria rende difficile trovare il punto di equilibrio giusto sui prezzi e le quantità dei prodotti importati ed esportati.

 

Privatizzazione e svendita del patrimonio italiano.

 

Il passaggio in mani estere del patrimonio italiano è un argomento doloroso, poiché lo Stivale sembra esser diventato un discount agli occhi dei grandi gruppi d’investimento. Si inizia già nel 1992 con cessioni che hanno coinvolto tutti i settori e sono state di altissimo livello per il valore che hanno prodotto ed il contributo dato al marchio Made in Italy. Nel lusso: Fiorucci, Ferretti, Krizia, Loro Piana, Bulgari, Valentino, Gucci, Dodo, Poltrone Frau e Versace. Nell’alimentare: Italgel, Sanpellegrino, Levissima, San Bernardo, Parmalat, Peroni, Galbani, Cirio, Carapelli. Nell’industria: Fiat, Italcementi, Pirelli, Magneti Marelli, Ducati, Barilla, Lamborghini, Indesit. Nei trasporti: Italo. Nella finanza: Bnl e Cariparma. Di questi giorni, è la vendita della Galleria Subalpina di Torino e l’offerta per l’acquisto di Tim. Secondo il rapporto dell’AIFI c’è stato un aumento del 194% del volume d’affari dei fondi private equity in Italia con una maggioranza d’investimenti esteri. Oltre ad acquisti al 100% ci sono anche partecipazioni azionarie come per esempio in San Paolo, Unicredit, Snam, Enel, FiberCop, Open Fiber, Autostrade per l’Italia e via dicendo. La lista è molto più lunga e gli acquirenti sono multinazionali, banche e fondi d’investimento. Si parla d’infrastrutture strategiche per la nazione (sia fisiche che virtuali). Spesso queste aziende sono state acquistate per un valore molto inferiore a quello di mercato e talvolta sono passate da più mani. Probabilmente sono seguite delocalizzazioni e outsourcing verso nazioni con un costo del lavoro inferiore, con una presenza sindacale minore, dove la burocrazia e la tassazione sono “amiche” dei grandi proprietari e maghi della finanza.

Conclusioni.

Per sviluppare delle conclusioni ragionate e realistiche ci si potrebbe chiedere: quanto l’Italia è in grado di spostare l’ago della bilancia nei contesti geopolitici in cui opera? Possiamo affermare con chiara evidenza che l’attivismo italiano è multilivello e multisistema. Ci sono azioni di livello locale, regionale, continentale, intercontinentale e globale. Per sistemi si intendono quelli di tipo bilaterale e multilaterale che può essere ristretto, allargato ma anche molto allargato a seconda di quanto sia ampia la platea dei partecipanti. Viene da sé che maggiore è la multilateralità e la partecipazione ai tavoli decisionali e più le energie si disperdono in termini economici, tecnologici e di risorse umane in campo. Questa sembra la rotta intrapresa dall’Italia il cui ruolo è di primaria importanza se si parla di questioni regionali, che restano confinate all’interno di aree definite. Più concorrenziale diventa la leadership quando si esce da determinati confini e si preme per ricevere attenzioni e tentare di spianare la strada con le proprie idee ottenendo consensi. Più che una nazione capace di coagulare intorno a sé altri Stati, svolge un ruolo da gregario in mancanza del forte appeal che caratterizza gli Usa, la Cina e la Russia. Questa mancanza di attrazione ed anzi la posizione di subordinazione nei rapporti di forza con gli Stati Uniti d’America è definita dall’ex Ministro deli Affari Esteri Franco Frattini[1] una tradizione che lega gli Usa a tutti i suoi alleati. Ciò ha trovato conferme in alcuni dispacci diplomatici dell’Ambasciata Americana a Roma e pubblicati da Julian Assange, in cui l’Italia è considerata alla stregua di un loro cortile di casa. Evidentemente non si è ancora trovato il coraggio di mettere in discussione questo rapporto di forza completamente squilibrato a sfavore dell’Italia. È doveroso ricordare che per la Strage del Cermis, come per Ustica, l ‘Italia avrebbe potuto alzare i toni della discussione e magari ottenere qualcosa di più dal punto di vista della giustizia, ma il coinvolgimento a stelle e strisce, forse, lo ha reso più difficoltoso.

Per chiudere, nel breve periodo l’Italia continuerà ad avere ancora un ruolo economico da top ten ma immaginando che chi ha un Pil inferiore non resterà a guardare, è probabile che altri Stati saliranno verso il vertice. La potenza di fuoco economica sprigionata dagli Usa dagli anni ’50 in poi ha portato il dollaro ad essere valuta di riserva mondiale, ha portato la lingua Inglese nelle case di tutti oltre che ad essere utilizzata come prima lingua per la stipulazione dei contratti internazionali. È improbabile replicare un tale percorso senza avere almeno un boom economico con moltiplicatore 10, senza essere in possesso dell’arma atomica con un’implementazione delle forze armate, senza sedere come membro permanente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ma soprattutto senza avere una leadership ideologica dominante.

[1] Estratto dell’intervista all’ex Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini, trasmissione Presa Diretta intitolata “Julian Assange – Processo al giornalismo”