

Meta Magazine intervista il romano Mario Pacchiarotti, albanense di adozione, autore del romanzo Baby Boomers, edito da Sad Dog Project.
Mario Pacchiarotti, lei non è uno scrittore di professione. Ci può raccontare come si è avvicinato alla scrittura?
“Se tralasciamo qualche racconto scritto più che altro per gioco, non posso dire che scrivere abbia mai rappresentato il mio sogno nel cassetto. Sono sempre stato un lettore forte, ma non avevo mai pensato di scrivere fino a qualche anno fa. Non sono certo del momento esatto in cui ho cominciato a entrare nell’idea di farlo. Ma in ogni caso non mi sono messo davanti a una tastiera con questo intento fino al 2013, circa tre anni fa, quindi. Credo che l’arrivo in Italia di Amazon Kindle sia stato un fattore importante, rendeva possibile la pubblicazione autonoma e io sono sempre stato attirato dalla pubblicazione indie, indipendente, anche quando producevo software”.
Come nasce l’idea di scrivere Baby Boomers?
“Nasce da una serie di riflessioni sulla mia generazione, quella appunto dei baby boomers. Sui guai che derivano dall’incapacità dei governi di gestire questo picco demografico ora che ci avviamo alla terza età; sul rapporto che questa generazione ha con i giovani, i nostri figli. Poi, scrivendolo, è arrivato tutto il resto. Un fattore importante è l’interazione con il mondo virtuale, che troppi considerano come “non reale”, facendo un grosso errore di valutazione. Ma ci sono tante cose in questo romanzo”.
Lei si sente come uno dei protagonisti del suo romanzo?
“Quando si scrive un libro c’è sempre qualcosa di noi in ogni personaggio. Se dovessi sceglierne uno in cui immedesimarmi direi che questo non può essere che Mirko, il giovane che assiste il commissario Marchetti durante la sua indagine. Non tanto perché io pensi di essere come lui, quanto perché è lui il personaggio che simboleggia nel libro la speranza per il futuro. Sono sempre stati i giovani a cambiare il mondo, o a non cambiarlo”.
Nel suo libro l’anziano ha ruolo da assoluto protagonista. Ritiene importante nell’Italia di oggi il recupero della centralità della figura di chi non è più giovane?
“Ho due sentimenti contrastanti su questo tema. Da una parte credo che vada recuperato il rispetto verso gli anziani, la pietas romana. Dobbiamo curarci che sia loro assicurata l’assistenza che l’età richiede. Ma non solo. Dobbiamo smettere di pensare che siano degli scarti, che siano un peso. Oggi si può raggiungere un’età veneranda continuando a essere parte viva e importante per la comunità.
Tuttavia, credo anche che questo paese sia malato di gerontocrazia. Non dico che non possa esserci un buon leader settantenne, ma che la maggioranza della nostra classe dirigente sia formata da ultrasettantenni è una disfunzione. Nei partiti, nei movimenti politici, nelle famiglie, agli anziani spetta il compito di trasmettere esperienza, dare consigli, mitigare magari gli eccessi di entusiasmo, ma la guida operativa dovrebbe passare nelle mani delle generazioni più giovani. Nel mio libro i Baby Boomers anche se protagonisti, lanciano un’estrema chiamata al risveglio e poi scompaiono, perché a quel punto il compito di guidare e operare il cambiamento spetta soprattutto ai giovani”.
Ci può spiegare le ragioni perché un giovane e un anziano dovrebbero leggere Baby Boomers?
“Perché è un libro che trova un ruolo per entrambi. Oggi sembra quasi vogliano farci credere di essere nemici, che il bene degli uni sia il male per gli altri, ma le cose non stanno affatto così. Il nemico è chi ruba a entrambi, chi corrompe, chi inganna, giovane o anziano che sia. E solo se ognuno di noi nel suo piccolo comincia a combattere tutto questo potremo liberarci da questa oppressione. Baby Boomers è una storia gradevole da leggere, un romanzo di finzione, ma darà da pensare a entrambi”.
Ha già progetti editoriali per il futuro?
“Continuerò a scrivere racconti brevi, perché mi diverte molto. Ho alcune cose avviate, un romanzo di fantascienza, una storia fantastica per bambini adulti, qualche idea ancora in embrione. Devo decidere su quale lavorare ora, ma senza fretta. Di certo sarà qualcosa di molto diverso da Baby Boomers. Ma spero sarà comunque qualcosa che faccia pensare”.