Disagio giovanile e baby gang

Ne parliamo con Adelia Lucattini

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Dott.ssa Lucattini sta constatando nella Sua professione, un aumento tra i giovani,  negli ultimi anni, di casi di ansia e depressione? Ha riscontrato come ci dicono le statistiche, che sempre più spesso provano  sentimenti di rabbia, scaturiti anche da insicurezza e bassa autostima?

 “C’è stato soltanto un aumento di casi di disturbi d’ansia, depressione ed anche le sindromi ansioso depressive. Nel lavoro quotidiano, certamente gli adolescenti e i giovani che chiedono una consultazione psicoanalitica o un’analisi per queste ragioni sono aumentati notevolmente dal lockdown in poi. E questa tendenza, almeno per il momento, appare in costante crescita.

La questione della rabbia è molto diversa. Di per sé la rabbia è un sentimento, con un connotazione positiva, che nasce da una motivata percezione di aver subito un’ingiustizia. Se ben canalizzata, si trasforma in forma di forza mentale, può sostenere la motivazione, stimolare il desiderio di riscatto personale e uno sano spirito di rivalsa. Può essere, inoltre, un “motore” interno che sostiene la volontà. Altra cosa è la rabbia non gestita, che esplode in modo impulsivo accompagnata da aggressività. In questo caso, è un boomerang che torna indietro carico di tensioni, è un inutile spreco di energia, solitamente dannoso.

L’insicurezza e la bassa autostima provocano frustrazione. Un alto livello di frustrazione e una difficoltà a gestirla, sono prima causa di reazioni violente individuali e di gruppo, sia verso i coetanei che gli adulti”.

Si parla tanto di disagio giovanile, che purtroppo sfocia, come abbiamo assistito di recente, a gravi episodi di violenza, tra cui stupri. Quali sono i primi campanelli d’allarme che un giovane deve cogliere per non restarne “vittima”?

“Gli adolescenti autori di gravi episodi di violenza e di stupri non hanno alcuna consapevolezza né percezione di avere un disagio psicologico. L’altro aspetto è che anche in adolescenza si può già sviluppare una disturbo sociopatico, fortunatamente ho un fenomeno relativamente raro. L’aspetto problematico è dato dalle intrinseche della sociopatia: la mancanza di empatia nei confronti degli altri, il piacere nell’eludere e regole e infrangere le leggi, spesso è presente è un culto della violenza e della sopraffazione come via regia per l’affermazione di se stessi.

I sociopatici non sopportano di essere depressi, questo è il momento in cui possono essere intercettati e in cui possono chiedere una cura psicologica. In adolescenza non è un disturbo strutturato né irreversibile. I soggetti gregari invece, sono sottomessi dai leader dei gruppi devianti. Spesso comprendono che c’è qualcosa che non va o non condividono le azioni del gruppo,  ma non hanno la forza di sottrarsi. Sarebbe importante che riuscissero a parlare con i loro genitori o con degli adulti o di cui si fidano e chiedere aiuto”.

Come riconoscere un comportamento aggressivo pericoloso, anche quando si manifesta, anche solo verbalmente?

“Innanzitutto, sapere che esiste. In secondo luogo, non pensare che le cose brutte capitino soltanto agli altri, chiunque può essere una vittima innocente di aggressioni violente, soprattutto in particolari contesti socioculturali, ma non esclusivamente. Fidarsi del proprio istinto, molte vittime si rendono conto che qualcosa non va per il verso giusto, ma poiché non riescono a entrarci in sintonia, in quanto quella realtà è estranea al loro mondo interiore e alle loro esperienze di vita familiari, amicali e sociali, non si sottraggono in tempo. Quando si “fiuta” il pericolo bisogna fuggire, bisogna sempre credere a se stessi, al proprio intuito, poiché è un’area tra coscienza e inconscio che è legata alla pulsione di vita e all’istinto di autoconservazione”.

Il malessere che sfocia poi in casi di vere e proprie “Baby gang”, a Suo avviso, nasce da situazioni spesso invisibili, che si vivono in famiglia? Magari per via dell’assenza dei genitori?

“Le baby-gang sono un fenomeno complesso, esistono da molti anni e sono state ampiamente studiate. Sono un fenomeno di microcriminalità organizzata, più diffuso nei contesti urbani, caratterizzate da gruppi di minorenni, spesso guidati da uno o più  maggiorenni che hanno comportamenti aggressivi o violenti ai danni proprietà private, beni pubblici o persone. Esistono più teorie scientifiche che spiegano i fenomeni che ricorrono nelle baby gang: 1) i fattori scatenanti dipendono dal contesto familiare e ambientale dove vivono i ragazzi che li costringono a crescere senza sostegni affettivi adeguati e senza nessun orientamento socio-educativo (teoria ecologica); 2) le origini della baby gang dipendono da fattori culturali quali la vita familiare, i valori e il sistema scolastico (teorie razionalistiche); 3)il fenomeno delle baby gang affonda le radici nella psiche dei soggetti: quando la fonte di una frustrazione non può essere controllata, l’aggressività si rivolge verso un obiettivo debole (teoria della frustrazione-aggressione).

Genitori problematici possono indurre difficoltà nei propri figli, sia perché troppo assenti o per eccesso di presenza, per intrusività. Ciò che fa la differenza è qualità delle relazioni oggettuali e i valori di cui la famiglia si fa portatrice”.

Quanto incide in tutto questo la tecnologia e in particolare i contenuti spesso affatto appropriati che girano in rete? Può essere utile limitare ai giovani l’uso degli smartphone?

“Non è la tecnologia a creare le baby-gang o i gruppi disfunzionali. Sono questi che fanno un cattivo uso della tecnologia. Certamente contenuti violenti, aggressivi, che esaltano il disprezzo per l’altro, con contenuti razzisti, svalutanti nei confronti delle donne, sprezzanti della diversità, che stimolano istinti sadici nei fruitori e che sono portatori di disvalori, andrebbero banditi dal web come da tutti i mezzi di comunicazione di massa. Intendendo questo non come una forma di censura o proibizionismo che limitano la libertà e la democrazia. Sono fondamentali per una buona relazione e comunicazione con gli altri, valori come la saggezza, il buon senso, il rispetto degli altri e della vita, l’adesione alle regole e alle leggi come istanze normative che ci permettono di convivere serenamente, in pace.

I giovani di oggi sono cresciuti con gli smartphone, non ha molto senso proibirne l’uso, è necessario però guidarlo e incanalarlo, come è accaduto durante la pandemia. Stimolare un uso consapevole dando indicazioni precise, a partire dalla scuola. Se lo smartphone fosse usato come strumento didattico, rimarrebbe molto meno tempo per usarlo a scopo ludico e come trasgressione, per esempio proprio durante l’orario scolastico.

Se si vuole ridurre un fenomeno negativo, bisogna proporre delle alternative valide, positive, che incuriosiscano e interessino gli adolescenti, rendendoli protagonisti e, se necessario, imparando da loro l’utilizzo pratico dei dispositivi elettronici”.

Il disagio giovanile sta diventando un problema sociale sentito dal mondo della scuola, dal mondo del lavoro e delle istituzioni. Come si possono aiutare i ragazzi che vivono questo disagio?

“Bulli non si diventa dall’oggi al domani, in molti casi, questi adolescenti hanno vissuto per anni in una condizione di disagio interiore, in nuclei familiari con difficoltà psicologiche o sociali, in una condizione di emarginazione interiore o ambientale, e talvolta di entrambe.

È fondamentale agire contro tale fenomeno a partire dalla scuola e offrendo un sostegno psicologico e sociale alle famiglie. Il fenomeno delle baby-gang è preoccupante e per questo è necessario saperlo osservare e comprendere, bisogna non abbassare la guardia rispetto ai comportamenti distruttivi, agire sulle cause attraverso la prevenzione che è composta da un paniere d’interventi sinergici: educazione attraverso la scuola, attività extra-scolastiche accessibili a tutti (musica e sport), sostegno alle famiglie economicamente svantaggiate e opportunità lavoro. Inoltre, offrire dei modelli virtuosi, mostrare che attraverso lo studio si hanno prospettive reali di miglioramento personale e sociale. Per strappare gli adolescenti alla depressione e alla sfiducia nello Stato, è necessario sottrarli al “fascino mefistofelico” della criminalità, offrendo delle alternative valide e realistiche. Infine, una prevenzione del disagio psicologico con centri di ascolto gratuiti diffusi nel territorio in modo capillare”.

Quali consigli si sente di dare in particolare ai genitori?

“Proteggere i propri figli finché non siano in grado di proteggersi da soli, ma questo di solito accade dopo la fine dell’adolescenza;

Parlare con i propri figli senza stancarsi accettando qualunque argomento a cui loro siano interessati;

Dare il proprio parere e prendere decisioni anche scomode, senza mai rinunciare al dialogo. D’altra parte, il potere o esercita chi ce l’ha, non solo di diritto ma anche per dovere;

Ascoltare i propri figli cercando di comprendere le ragioni del disagio;

Chiedere e verificare le frequentazioni dei propri figli, impedire che si mettano in situazioni di rischio spiegando quali sono i pericoli e offrendo delle alternative;

Avere sempre ben chiaro che se è vero che si impara dall’esperienza, la “strada” di per sé, non ha mai insegnato ad essere migliori, sono i genitori e gli educatori a farlo;

Mantenere sempre costanti rapporti con la scuola e aperto il dialogo con gli insegnanti, rispettandone il ruolo educativo e didattico, senza mai rinunciare a dire il proprio parere con garbo e educazione;

Dietro comportamenti anomali, bizzarri o anche delinquenziali, c’è sempre un disagio psicologico, non avere timore a parlare con uno psicoanalista da soli o insieme ai propri figli, pensare insieme aiuta a trovare nuove soluzioni e strategie più efficaci”.