Verso un nuovo ordine internazionale

In futuro non si può escludere un nuovo conflitto globale

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cartinaparisi

Quanto è distante l’instaurazione di un nuovo ordine internazionale? Possiamo già aprire un dibattito al riguardo o è troppo presto?

L’ordine internazionale odierno

L’ordine internazionale per come si presenta oggi, ha ereditato dalla Guerra Fredda alcuni aspetti che risultano di notevole importanza. Dipingere questo quadro è un’impresa maestosa ma possiamo quantomeno delinearne i tratti principali. Il duopolio USA – URSS si è sciolto e il contesto in cui viviamo si è arricchito di tante nuove prospettive. Queste sono emerse con il passare degli anni (appena 30 anni) e hanno portato il caos nei diversi angoli del globo. Se dicessi che molti dei confini delle nazioni per come li conosciamo oggi, siano stati decisi a tavolino senza interessarsi troppo del mix di etnie, culture, tradizioni e consuetudini che si obbligavano a far convivere, non credo che si tratterebbe di una fake news. Certamente non tutti i conflitti in corso ad oggi sono riconducibili a queste motivazioni, ma sicuramente moltissimi di essi sì. Senza allontanarci troppo dal nostro paese è sufficiente rimanere in Europa orientale. Possiamo osservare la disintegrazione della Jugoslavia, la Transnistria, la guerra del Kosovo, l’attuale crisi Ucraina e leggermente più ad est la Cecenia, il Nagorno – Karabakh, l’Ossezia del Nord e altri punti caldi. L’eredità della guerra fredda non si limita solamente a questo ma è pacifico che in quel periodo i due capostipiti delle ideologie dominanti fossero gli USA per il blocco occidentale e l’URSS per quello orientale con un esiguo numero di stati non allineati e tutti gli altri di parte. Il blocco occidentale ha ampliato la rosa di membri attraverso una forte ed accattivante ideologia in nome del liberalismo, della democrazia, dell’eredità della cultura classica e di spinte sociali di popoli che, fino a quel momento, molto poco conoscevano delle opportunità che offriva il pluralismo e la libertà di idee (questo è un aspetto). D’altro canto gli stati satelliti del blocco URSS che non sono rientrati nella sfera occidentale, si sono ritrovati senza il totem da cui scaturiva il culto dell’ideologia comunista. Ora, credo che molte domande siano emerse in quelle terre e che il vuoto lasciato fosse da colmare (questo è un altro elemento dell’eredità post Guerra Fredda), ma con cosa, da chi, come? Per quei popoli ritrovare la retta via non è stato semplice (ancora oggi molti di essi sono in conflitto) ed è stato necessario ripartire dalle basi, ovvero: domandarsi chi fossero, come si potessero definire rispetto agli altri stati, quali affinità avessero e verso chi, chi fossero i vicini di casa e perché stessero parlando un’altra lingua o pregando un altro Dio. Insomma, si è stati sicuramente minacciati dall’idea di essere sottomessi, ancora una volta, da chi per qualche motivo seguisse tradizioni, consuetudini e usanze diverse. D’altronde si sta meglio nella zona di comfort e si hanno spesso pregiudizi per chi segue il nostro stesso credo o appartiene alla stessa cultura o utilizza lo stesso idioma e sostiene le stesse idee, figurarsi per chi abbia un background culturale completamente differente. Le spinte indipendentiste sono state forti, le guerriglie urbane sono state aspre e l’intervento occidentale (che fosse o meno giusto nei modi e nei motivi) non è mancato. La mancanza di una politica internazionale lungimirante all’epoca, ha prodotto questo caos perpetuando l’instabilità e incrementando divisioni, etichette e discriminazioni.

A livello macro, per fortuna, la situazione non è mai scappata di mano arrivando ad un punto tale che fossero coinvolte più nazioni portatrici di idee e valori molto diversi e che potessero scatenare un altro conflitto mondiale. Non ancora preciserei, perché nulla è per sempre come i grandi imperi del passato e le grandi casate reali. Il duopolio è finito in cantina, in un angolo al buio mai definitivamente tramontato ma piccolo rispetto alla multipolarità che caratterizza questi ultimi 30 anni. L’influenza occidentale si è erosa nel tempo, dapprima quella europea che ha visto il vecchio continente diventare poco più che un cortile per gli USA, successivamente la preponderanza stessa statunitense. Il vuoto generatosi è stato a sua volta colmato da altro.

La rinascita dell’Islam è un fattore, con la sua dirompenza demografica, la commistione tra credo e politica, la diffusione dall’Africa, all’Europe Orientale, al Medio Oriente, all’Asia Centrale. Persistono ancora divisioni interne al mondo arabo stesso, divisioni che non permettono una visione unica, una ricompattazione definitiva, con radicalismi e fondamentalismi più accentuati in alcune zone e parvenze di pluralismo in altre. Difficile immaginare a come si possa essere compatti con necessità diverse, interessi differenti, posizioni geografiche e ispirazioni culturali non omogenee. Resta sempre il problema dell’immigrazione e della necessità di emigrare verso luoghi in cui ci siano condizioni di vita migliori (l’Occidente, con i livelli di benessere prodotti in passato è riuscito nell’intento di affermarsi in maniera attrattiva verso il resto del mondo, anche se là, ci si è modernizzati senza occidentalizzarsi, mantenendo le peculiarità della propria cultura), quindi diventando un problema per i paesi confinanti che adottano politiche  in contrasto a tale fenomeno per mantenere un certo livello di stabilità interna.

La Russia ha chiaramente subito un forte ridimensionamento una volta che l’ideologia, la struttura economica e l’impegno militare URSS sono stati affossati da liberalismo e democrazia. Anche qua è arrivata la modernizzazione (che non significa occidentalizzazione), ma risorge pur sempre qualcosa dalle ceneri e la Russia odierna prova, probabilmente, rifiuto verso i valori come la libertà di espressione, la civiltà classica (anche se Bisanzio ha avuto il suo peso) e apprensione verso chi la circonda. Ciò che è stato, è stato, i venti di guerra attuali ci possono anticipare ciò che potrebbe essere. Mentre cala il sipario occidentale (il ritiro dall’Afghanistan è un chiaro elemento) si aprono nuovi spazi. Terminò l’esistenza dell’URSS, ma non quella della Russia. Il confine tra Occidente e Ortodossia rimane una zona di faglia in cui le crepe possono diventare ancora più profonde.

L’impegno cinese in campo militare è ancora da valutare. Il dispiegamento di forze navali, terrestri e aeree in un conflitto mondiale non ha precedenti. Non c’è uno storico con cui confrontarsi e la capacità di agire su più fronti è ancora terra da esplorare. A parte la base militare in Gibuti e forse Guinea Equatoriale, il possesso di armi nucleari non fa differenza (anche se ne possiede di meno rispetto a Russia e USA, c’è comunque il principio della distruzione mutua assicurata che pone le potenze quasi sullo stesso piano). Il modello cinese è incentrato sulla crescita economica, il duro lavoro, il collettivismo in antitesi all’individualismo, la forte presa del comunismo che ha attecchito ed una popolazione ampissima.

Difficile anche pensare all’ascesa come potenza mondiale, sotto un’unica bandiera, di tutti i paesi di cultura africana e anche latino americana. Per quanto possiamo raccontarci che c’è stata una definitiva decolonizzazione, questa potrebbe oggi esserci ancora sotto altre forme (interessi energetici, economici, finanziari). Non c’è una forte presa di posizione di queste aree geografiche, né strutture economiche al livello di altri stati. Manca probabilmente una volontà di base nell’autodeterminarsi e crescere. I forti livelli di corruzione fanno star bene i potentati di quei paesi che sono corresponsabili, perché mai cambiare status e combattere chi ti permette di rimanere al potere?

Altri attori internazionali in ascesa sono India e Giappone. Alto livello demografico indiano con ancora una crescita economica da esprimere. Diligenza, alti tassi tecnologici e una storia militare passata per il Giappone. Troppo poco per ambire ad un posto di rilievo, tant’è che per quanto sia ancora utile negli anni 2000, non sono nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Conclusioni

 Non è possibile escludere altri conflitti mondiali. Il primo è avvenuto nonostante in quel momento storico, ci fossero i più alti tassi di crescita globali. Ciò non ci ha messo al sicuro da un conflitto a cui se n’è succeduto un altro.

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https://ourworldindata.org/trade-and-globalization#trade-from-a-historical-perspective

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https://ourworldindata.org/trade-and-globalization#trade-from-a-historical-perspective

Abbiamo un Occidente in calo (demografico, economico, di benessere, di appeal ideologico, non contiguo geograficamente, con interessi disinteressati anche se militarmente ancora forte), un mondo arabo diviso da lotte intestine, militarmente poco presente, economicamente lacerato ma con una popolazione che aumenta. La Russia si sta riprendendo, ma è una ed una sola. Oggi la si sta spingendo verso la Cina i cui dubbi ricadono solo sull’impegno militare. L’egemonia mondiale è ancora un marchio a stelle e strisce, ma non ci sono segni che il paziente si stia riprendendo e l’agonia sarà molto lunga prima che altri ne prendano il posto. Le minacce sono chiare, il livello di incertezza è aumentato e l’instabilità sembra essere diventato un tratto indelebile di questo pianeta. L’Occidente non lascerà il passo ad altri nel breve periodo (magari ci vorranno ancora 200 anni), ma senza la capacità di tenere il passo, d’innovarsi e stabilizzare la situazione con l’uso del soft power, la caduta sarà dolorosa. Il mandarino potrebbe soppiantare l’inglese, lo yuan il dollaro e il comunismo tornare fortemente in voga. L’auspicio per una convivenza pacifica è di sedersi al tavolo, negoziare diplomaticamente e terminare di voler imporre i propri dogmi che se ancora non fosse chiaro, sono rifiutati dalle altre culture poiché si pensa che la propria sia la migliore possibile. Ma questa è una speranza vana, annientata dalla brama d’imposizione, potere sugli altri oltre che di ipotetica arrogante superiorità di pensiero e di cultura, d’altronde, spesso, ciò che è diverso è visto come inferiore. Se fosse possibile un mondo pacifico, sarebbe potuto già nascere secoli fa. Continueremo a vivere nell’instabilità, alcuni nella fame e nella sete, con immigrati climatici, crisi economiche indotte, guerre e ci sarà giovamento solo per chi trae beneficio dalle sofferenze altrui.